Gli specialisti del Bambino Gesù di Roma preparano le cellule Car-T - Ufficio stampa Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Ivan, 12 anni, ucraino, Chiara, 17 anni, di Messina, e Giulia (i nomi sono di fantasia), diciottenne romana, sono i primi pazienti pediatrici trattati con la terapia genica Car-T, che è stata capace di mandare in remissione le gravi patologie autoimmuni che li hanno colpiti. È quanto avvenuto all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che ha presentato i risultati di queste cure all’ultimo Congresso europeo di Reumatologia pediatrica di Rotterdam e, a Padova, ai lavori del “Centro nazionale 3 per lo sviluppo della terapia genica” previsto dal Pnrr.
Utilizzate sinora quasi prevalentemente in ambito oncoematologico, per leucemie, linfomi e mielomi, le Car-T sono cellule, i linfociti T, prelevate dal paziente, e reingegnerizzate in laboratorio, dove vengono addestrata a riconoscere un bersaglio espresso dai tumori, l’antigene Cd19, e ad aggredirlo; a quel punto vengono reinfuse nello stesso paziente.
I tre ragazzi seguiti al Bambino Gesù erano affetti da forme molto gravi di lupus eritematoso sistemico, una malattia cronica che può attaccare reni, polmoni e sistema nervoso centrale, e dermatomiosite, una rara patologia infiammatoria autoimmune che colpisce la cute ed i muscoli scheletrici. Tutti e tre avevano forme refrattarie ad ogni altra terapia. Nella recente letteratura scientifica, ha spiegato il nosocomio vaticano, sono descritti 5 casi di pazienti adulti con Lupus eritematoso trattati con successo grazie alle Car-T. Da questo precedente è nata l’idea dei ricercatori di testare la stessa soluzione per la prima volta anche in ambito pediatrico, utilizzando il “costrutto” che aveva funzionato con gli adulti affetti da Lupus, ossia il prodotto di terapia genica messo a punto in questo caso dall’azienda biotecnologica Miltenyi, e mirando lo stesso antigene Cd19, espresso anche dai linfociti B del sistema immunitario. I quali, nel caso del lupus eritematoso e delle dermatomiositi, giocano un ruolo cruciale nel determinare la malattia.
Insomma, ha osservato Franco Locatelli, responsabile dell’area di Oncoematologia e Terapia cellulare e genica del Bambino Gesù e titolare della cattedra di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore, «usando lo stesso bersaglio, trasliamo il medesimo approccio di terapia genica da un contesto di malattia neoplastica (leucemie e linfomi) a un contesto di patologia non neoplastica, ma dove gli elementi che producono il danno sono i B-linfociti che esprimono Cd19».
Tutti e tre i pazienti, per le cui procedure è stata necessaria un’autorizzazione dell’Aifa, hanno riscontrato «benefici rilevanti e sostenuti nel tempo». A distanza di diversi mesi dal trattamento, così come accaduto nei pazienti adulti descritti in letteratura, sono in remissione di malattia e non assumono più farmaci immunosoppressori. La ragazza messinese di 17 anni affetta da lupus, è a quasi 9 mesi dall'infusione di cellule Car-T. Il bambino di 12 anni, fuggito dalla guerra, seguito inizialmente a Kiev e poi trasferito in Ungheria, affetto da dermatomiosite, è a 7 mesi dal trattamento. Era seguito nella capitale ucraina prima della guerra, poi trasferito in Ungheria, infine al Bambino Gesù di Roma, dove ha potuto beneficiare della nuova terapia. La terza paziente, una ragazza romana di 18 anni, anche lei affetta da lupus (patologia molto più frequente nelle femmine rispetto ai maschi), è a circa 2 mesi dal trattamento. Era stata ospedalizzata per 6 mesi di seguito, dipendente da ossigeno, più volte assistita in rianimazione, con effetti collaterali importanti dovuti alle terapie cortisoniche. Oggi è a casa in buone condizioni generali di salute.
«Sono dati assolutamente rilevanti - ha affermato Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, reumatologia e malattie infettive -. Tutti e 3 i pazienti avevano risposto in maniera insoddisfacente a terapie immunosoppressive aggressive, necessarie per la gravità della loro malattia, e allo stesso tempo avevano sviluppato importanti effetti collaterali. I risultati ottenuti con le Car-T ci incoraggiano a proseguire nella direzione di un trial clinico che possa comprendere un numero più ampio di pazienti pediatrici affetti da varie malattie autoimmuni in cui un ruolo fondamentale nello sviluppo è giocato dai linfociti B».
La terapia genica, ha sottolineato il presidente del Bambino Gesù, Tiziano Onesti, «rappresenta una sfida e un'opportunità unica per i sistemi sanitari globali. Ci consente di offrire risposte concrete a pazienti che fino a poco tempo fa erano senza speranza, affrontando malattie genetiche e condizioni cliniche gravi in modo personalizzato e mirato. Inoltre, la terapia genica promette di emancipare i pazienti da condizioni di cronicità, migliorando la loro qualità di vita e riducendo i costi a lungo termine associati alla gestione delle malattie croniche. Questa rivoluzione medica non solo offre speranza e guarigione, dunque, ma anche la possibilità di rafforzare la sostenibilità dei sistemi sanitari, liberando risorse per migliorare la salute generale e promuovere ulteriori scoperte mediche».