«Pastorale Digitale 3.0, tratta dell’utilizzo a fini pastorali dei media più avanzati, ma non è un saggio di sociologia, né un manuale tecnico e neppure un sussidio pastorale. È un racconto, in cui un protagonista parla di sé, del suo personale viaggio alla riscoperta della fede e pare che si avvicini al genere autobiografico con le tinte avvincenti del romanzo, ma presto la sua storia si intesse con quella di altri e la sua voce di narratore si intreccia con altre voci che testimoniano una storia comune, una storia di comunione». Così la professoressa Adriana Letta nella prefazione del libro «Pastorale digitale 3.0» (2022, Albatros) scritto da Riccardo Petricca, docente di Informatica presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni e la Pontificia Università Urbaniana.
Il titolo Pastorale Digitale 3.0 a prima vista potrebbe apparire come un’espressione provocatoria e contradditoria, in realtà in questa pubblicazione, molto curata e approfondita, ci vengono forniti tutti gli strumenti e le informazioni utili per un nuovo approccio all’educazione religiosa. “La Pastorale Digitale” sottolinea Riccardo Petricca “non è affatto una nuova pastorale. La Pastorale Digitale cerca, cambiando modo di comunicare e mezzo di comunicazione, come fece anche san Paolo a Corinto, di trasmettere lo stesso identico messaggio di fede ed evangelizzazione che predicò Gesù e che la Chiesa trasmette da duemila anni”.
Nella post-fazione il vescovo della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo monsignor Gerardo Antonazzo sottolinea: “Quando un testo si lascia leggere tutto d’un fiato è perché ti coinvolge, ti incalza e ti provoca a sfogliare di continuo pagine da divorare. Significa che le parole sono quasi trasfigurate dalla passione del cuore, superano le attese e le previsioni dello stesso lettore, dilatano i confini delle sue esplorazioni.
La lettura, ininterrotta, si lascia sublimare in una forma di “compagnia” gradevole e confidenziale che facilmente si stabilisce con l’autore del testo. Il titolo dello scritto potrebbe far pensare a una ripetuta e stucchevole presentazione delle tante piattaforme comunicative, i cosiddetti “social network”. Nulla di tutto ciò nel testo di Petricca.
Non si tratta neppure di un’indagine sul tema della comunicazione, con i suoi relativi processi pervasivi e dinamiche non di rado dirompenti. Tutt’altro. L’attento lettore si imbatte sin dai primi racconti in una storia di vita, quella dell’autore, tramite alcuni significativi quadri e scorci rappresentativi di luoghi, persone ed esperienze vissute in prima persona. L’autore sa coniugare abilmente, con un pizzico di saggia scaltrezza, l’autobiografia quale facile “esca” per attirare il lettore nella rete della comunicazione empatica.
Petricca parte dal “raccontarsi”, ripercorrendo tratti salienti delle sue esperienze di vita: da quelle più “profane” a quelle propriamente “spirituali”, tutte significative ed espressive di un processo di crescita continuo e progressivo, imprevedibile per lui stesso, ma non per questo casuale. Ci aiuta così a scoprire una forma di comunicazione quasi confidenziale, sentita e partecipata. Non solo: Riccardo ci aiuta a superare il livello banale di una narrazione fatta di informazioni generiche e impersonali, per farla diventare una forma di “consegna” di sé al lettore. Il primo beneficiario del racconto autobiografico è proprio colui che lo compone”.