Candace Smith ha aggiunto un nuovo tassello al prezioso mosaico che va componendo da anni, dedicato alla riscoperta e alla valorizzazione di un mondo misterioso e sommerso come quello che riguarda la musica sacra nei monasteri femminili del XVII secolo; un ambito di riferimento in apparenza ristretto e specialistico, ma che un album come quello recentemente intitolato ai Mottetti Spirituali di Sulpitia Cesis (1577-1619 post) è destinato ad aprire verso inediti e inattesi orizzonti. Il disco (pubblicato da Tactus e distribuito da Cgd Warner) si impone innanzitutto per il profondo acume dell'approccio interpretativo ed esecutivo con cui la Smith ' californiana d'origine, ma in Europa da decenni ' affianca il rigore scientifico dell'archeologo con la fertile curiosità dell'artista appassionata. A un primo ascolto, la silloge qui proposta sembra così riportare alla luce i fasti della grande scuola policorale italiana, che nella Venezia del tardo Cinquecento vede i suoi maestri indiscussi nei due Gabrieli, Andrea prima e poi Giovanni; opere dunque ancora lontane dalle «moderne pratiche», come quelle del basso continuo o dello stile concertato, che al tempo della pubblicazione dei Mottetti della Cesis (1619) erano già diffusamente sperimentate.Se da un lato è possibile ravvisare una certa vena «conservatrice», riconducibile con ogni probabilità all'ambiente in cui nascono le creazioni musicali della suora agostiniana modenese, dall'altro è un'inesauribile e vitale fantasia compositiva a informare i 23 numeri della raccolta, che includono anche salmi e madrigali spirituali in lingua latina e italiana, destinati ad organici che spaziano dalle due alle dodici voci. Un cangiante caleidoscopio di suoni e immagini sacre che Candace Smith e la sua Cappella Artemisia ' gruppo vocale e strumentale rigorosamente composto da sole donne, che si accompagnano al canto con tanto di tromboni e cornetti ' si dilettano a rileggere con una sorprendente varietà di soluzioni timbriche. Opere di forte impronta morale e religiosa, mosse da una semplicità espressiva a tratti davvero commovente, ottenuta calibrando minuziosamente una ricca gamma di registri emotivi: dal respiro melodrammatico dello Stabat Mater al colore popolare del natalizio Angelus ad pastores o ancora alle contrastanti passioni del brano dedicato a Maria Maddalena. Le infinite voci che concorrono a evocare il «teatro dello spirito» messo in scena con discrezione tra le mura di un convento di clausura.
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