Su “Libero” (2/4, p. 25 intera: «Eugenio Zolli. Il Rabbino capo convertito da Pio XII») Sergio De Benedetti racconta la singolare storia di Israel Anton Zoller, che dal 1939 fu rabbino capo della più antica comunità religiosa sul suolo romano. Erano gli anni delle leggi razziali, poi della Guerra mondiale e nell'ottobre 1943 della tragica deportazione di migliaia di ebrei romani, quasi tutti mai più tornati. A settembre il colonnello Kappler impose alla comunità la consegna di 50 chili d'oro da trovare in 36 ore per evitare la strage, e Zoller li trovò anche con l'aiuto di Pio XII, informato del ricatto. Invano: dopo meno di 3 settimane la razzia e la deportazione. E Zoller? Di fatto sparì, subito sostituito ottimamente dal rabbino Davide Panzieri, in assenza dimissionato a forza e forse accolto in Vaticano: la sua casa romana fu devastata e incendiata dai tedeschi. Tornato in Comunità con varie peripezie e proposte da parte delle autorità ebraiche, nel febbraio 1946 annunciò la conversione sua e della moglie, battezzati col nome di Eugenio Pio e di Emma Maria, al cattolicesimo. Grande scalpore, comprensibile, e per decenni molte storie e molte illazioni, le più diverse, che “Libero” presenta come «avvenimenti romanzati». Lui riprese l'insegnamento universitario e morì nel 1956, il 2 marzo, per caso proprio il giorno nel quale Pio XII era Papa da 18 anni e compiva gli 80 anni di età. Tutto esatto, tutto a posto? Sì e no. Molto da discutere e da aggiungere, come sempre quando si tratta di riassumere seriamente una vita, con un “ma” che nasce da una insinuazione del titolo, che completo è così: «Il rabbino capo convertito da Pio XII (e dall'oro di Kappler?)». È infatti noto che «l'oro di Kappler» non c'entra nulla: magari involontariamente balena un po' di antisemitismo e di pregiudizio antiebraico. Che – si sa – falsifica la vi(s)ta.
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