La collana “Riti del vivere”, che Giulio Osto dirige per Cittadella Editrice, ha il merito di richiamare l'attenzione sulla ritualità che differenzia il comportamento umano dall'istintualità animale. Sono piccoli libri scritti a quattro mani, intitolati a un verbo, su temi come Attendere, Cliccare, Piangere, Cantare, Nascere, Telefonare, Ammalarsi, Guardare, e ne sono in programma altri quattordici. Il più recente è Vestirsi (pagine 144, euro 12,50), e volentieri ne parliamo. La prima parte, firmata da Barbara Marchica, riguarda il “Vestirsi con consapevolezza”. Non è un manuale di bon ton, è un breve saggio in cui psicologia, antropologia e teologia sono a bagnomaria nel buonsenso. Osservazione preliminare: se si guarda in giro come la gente si veste (o si sveste), soprattutto d'estate, si ha conferma dell'utilità di una riflessione sulla ritualità del vestirsi. Jeans strappati, magliette con slogan che non riescono a essere divertenti, canottiere, sono pur sempre riti, ancorché degradati, e la pretesa di seguire la moda adattando alla propria scarsità di risorse (non solo monetarie) gli abiti delle sfilate, fa strage di fashion victim. Già: la moda. La regola di Marchica è che bisogna cercare il modello dentro sé stessi, non sulle pagine delle riviste: «Vestirsi ha lo straordinario potere di rimetterti in contatto con te stesso». È latente il pericolo dell'autoreferenzialità, ben diversa però dalla sana consapevolezza dei propri talenti e dei propri limiti: «La consapevolezza di chi siamo nell'esperienza di mente, corpo e anima ci avvia al concetto di estetica dell'interiorità» che si rispecchia nell'esteriorità del vestire. «Una donna può essere di estrema eleganza anche con le scarpe da ginnastica e una tuta, un uomo può essere elegante anche in pigiama. Non è quello che indossi, ma come lo indossi». Naturalmente la cura del proprio corpo è essenziale; una volta Nicole Kidman ha detto: «Neppure io, appena alzata, assomiglio a Nicole Kidman», a conferma che una donna bella può anche essere intelligente. In conclusione, dobbiamo indossare la nostra identità, sempre relazionandoci con gli altri. Sobrietà, rispetto e cura di chi ci sta accanto, faranno il resto. La seconda parte del volumetto, redatta da Sara Piccolo Paci, riguarda “Il sacro vestito”. In ogni religione il sacerdote indossa apposite vesti, indispensabili al rito. Interessante l'analisi di abiti famosi nella Bibbia, e molto utile la simbologia delle vesti e degli oggetti liturgici passati in rassegna: Alba (camice), Casula (pianeta), Dalmatica, Piviale, Rocchetto, Stola, Anello, Cingolo, Mitra, Tiara… La spoliazione delle vesti paterne di san Francesco esprime un duplice messaggio: di rinuncia ai possedimenti e alla ricchezza e di riappropriazione di una nudità intima e spirituale per la quale egli ritorna “puro” e si “consacra” totalmente a Dio, senza artificio né finzione. Messaggio subito compreso dal vescovo che ricopre Francesco con il suo manto, non per coprire il giovane per modestia o vergogna, ma prefigurando «una vera e propria vestizione sacerdotale, e la costatazione della prossimità di Francesco al rango spirituale tra i più elevati».
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