È una delle più alte e drammatiche figure femminili mai concepite da un poeta. La incontriamo nella parte iniziale dell’Odissea: Ermes, messaggero di Zeus, scende alla sua grotta sottomarina per comunicarle la decisione irrevocabile del consesso divino: deve abbandonare Ulisse, lasciarlo ripartire, libero di tornare a Itaca. Calipso è quindi obbligata a rinunciare anche a sé stessa: dea innamorata di un uomo.
Nell’immaginario popolare è considerata colpevole del tradimento di Ulisse nei confronti della moglie Penelope: è vero, ma è altrettanto vero che l’eroe di Itaca è irresistibilmente attratto da lei, di notte l’ama appassionatamente, di giorno piange la sua prigionia in quelle sponde. Calipso non è una maga ammaliatrice, ma una dea, che ama un uomo: la bellissima Calipso è perdutamente innamorata di Ulisse. Voi dèi, grida al messaggero, siete invidiosi di quelli dei vostri che amano un uomo. Non tollerate che un dio si innamori di un umano. Perché voi odiate gli umani, e li volete tenere soggiogati. Io devo cedere, aiuterò Ulisse a costruire la zattera per il suo ritorno a Itaca, ma so che le vostre azioni sono ingiuste.
Non un’ammaliatrice: una divinità, una ninfa del mare, innamorata di un umano, che obbedisce, ma rivendica a Zeus e al suo Pantheon crudele, un altro amore.
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