Trump e l'Iran, e se fosse la lotta a far finire la «guerra»?
mercoledì 8 febbraio 2017
L'arte e lo sport, due linguaggi universali, si sono in parallelo ribellati all'ordine esecutivo firmato del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America Donald J. Trump, quel Muslim Ban il cui scopo è di chiudere i confini Usa, bloccando il programma di accoglienza e visti d'ingresso per migranti e profughi di religione musulmana provenienti da sette Paesi a maggioranza islamica. La prima straordinariamente evocativa ribellione è arrivata dal Moma di New York. In una notte, la direzione del museo ha modificato il percorso espositivo, facendo spazio all'arte di maestri provenienti dai sette Paesi "bannati" (Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen) facendoli artisticamente dialogare con artisti del mondo occidentale. Questo meraviglioso intreccio ha fatto sì che Picasso, Van Gogh o Matisse, in una notte, si siano ritrovati di fronte a Ibrahin el-Salahi, Zaha Hadid o Hossein Zenderoudi, ed è stato un potentissimo richiamo alla difesa degli ideali di libertà e accoglienza che il mondo dell'arte, evidentemente, ha ben più chiari della politica. Lo sport ha reagito con le parole di fuoco di Sir Mo Farah, il mezzofondista cinque volte campione mondiale e quattro campione olimpico. Il cittadino britannico (e Cavaliere del Regno nominato dalla regina Elisabetta) nato a Mogadiscio, con un tweet destinato ai suoi milioni di tifosi, ha perfettamente descritto come la sua storia sia un esempio di ciò che può accadere quando si seguono politiche di accoglienza e comprensione e non di odio, ignoranza e pregiudizio.
Il prossimo 16-17 febbraio a Kermanshah (Iran) si svolgerà il Mondiale di lotta, sport nel quale Usa e Iran sono superpotenze. Questo evento si candida ad avvicinarsi a ciò che nei libri di storia viene raccontato come la "diplomazia" del ping-pong, ovvero lo scambio di visite fra atleti fra Usa e Cina ad inizio degli anni 70 del secolo scorso. All'origine di tutto, un incredibile caso di serendipity (il termine inglese evoca felici scoperte fatte per caso): il campione americano Glenn Cowan stava disputando i Mondiali di ping-pong a Nagoya, in Giappone, ma distrattamente al rientro da un allenamento, mancò l'appuntamento con il pullman della squadra americana. Trovò un passaggio su quello della nazionale cinese e, in quell'occasione nacque un'amicizia fra lui e il campione Zhuang Zedong. Il Cinese regalò all'Americano un ritratto su seta dei monti Huangshan, ricevendo in cambio un pettine, l'unica cosa che Cowan trovò nella sua borsa di allenamento! Il dono così spontaneo, fu molto apprezzato e seguito poi, in un'occasione successiva, da una maglietta con la bandiera e il simbolo della pace. Quell'amicizia generò grande interesse mediatico, in un momento in cui il clima fra Stati Uniti e Cina comunista era gelido e creò le condizioni per uno storico invito per la squadra a stelle e strisce in Cina. Fatto che, a sua volta, aprì incredibilmente la strada alla visita ufficiale di Nixon del 1972.
L'Iran, per tornare ai giorni nostri, ha prima negato i visti d'ingresso ai lottatori Usa selezionati per il Mondiale, decidendo poi di autorizzarli, per sostenere il provvedimento del giudice di Seattle che ha dichiarato incostituzionale l'ordine esecutivo che discrimina i musulmani di Trump e grazie alla mediazione di settanta accademici dell'Università Sharif di Teheran che hanno invitato il governo iraniano a reagire con «l'ospitalità tradizionale di iraniani e musulmani». Fra una settimana, lo sport avrà occasione di offrire l'ennesima prova di essere strumento di miglioramento del mondo. Tutto ciò grazie alla lotta, uno degli sport più antichi, che in Iran affonda le sue radici. Migliaia di anni fa, nell'allora Persia, nacque una forma tradizionale di lotta, conosciuta come Zorkana. Un'arte marziale che promuove valori etici e morali come l'umiltà, la generosità, la virtù, la carità e la pietà. Ogni seduta di allentamento inizia e finisce con una preghiera. Se un pettine, 46 anni fa, siglò un'amicizia che cambiò la storia del mondo, questa volta affidiamo le nostre speranze alla lotta. D'altronde, il presidente Trump, nel 2007 partecipò a un match di wrestling (una forma di lotta, diciamo, un po'… plateale) per prendere a pugni in testa il suo amico McMahon, finendo poi per raderlo nel centro del ring. Sembra grottesco, ma quelle immagini di colui che oggi ha accesso ai codici di lancio delle testate nucleari, sono lì sul web, a disposizione di tutti. Insomma, se un pettine oggi non riuscirebbe più a domare il ciuffo ribelle di tal presidente, speriamo in un'altra sua passione: la lotta.
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