mercoledì 28 novembre 2018
«Uno per tutti, tutti per nessuno». È il titolo provocatorio che hanno scelto quelli di VeronaFiere per commentare i dati non proprio entusiasmanti sull'export dei vini italiani elaborati da Nomisma Wine Monitor, che è l'osservatorio di Vinitaly. In pratica il timido segno positivo dell'export 2018 (un +3,8%) sarebbe trascinato dai vini frizzanti, col colosso del Prosecco, mentre stagnano i vini fermi.
E l'Ice (Istituto per il commercio estero) dov'è? Il direttore generale di VeronaFiere, Giovanni Mantovani, ha puntato subito il dito sul problema: «Serve un'armonizzazione delle politiche di promozione all'estero, un salto di qualità come negli anni Ottanta dove erano forti le bandiere di aggregazione del made in Italy». Ad ascoltarlo c'era il ministro per le Politiche agricole Gian Marco Centinaio, ma anche i presidenti delle principali rappresentanze del vino. E il moderatore del talk show Del Debbio ha sottolineato che, secondo lui, dopo aver assistito a un anno di chiacchiere non è cambiato nulla.
Se avessi potuto alzare la mano, avrei raccontato che scrivo di vino da 33 anni e il tormentone che mi ha accompagnato, anche ieri a Verona, è sempre lo stesso: «Andiamo all'estero in maniera confusa, promuovendo pezzetti dell'Italia, ma non l'Italia». Già, allora provo a rifare la domanda: l'Ice dov'è? O meglio, questo istituto non si è mai posto il problema che in una fiera all'estero ci sono le Camere di Commercio, le Regioni, i Consorzi, e chi più ne ha più ne metta, penalizzando la sintesi?
Questo appello sorge dopo due giorni di intensi workshop che Vinitaly da vari anni concentra a fine anno, per riflettere sul mestiere del vino che è anche marketing, comunicazione, capacità di acquisire dati e di leggerli. Questo lavoro prezioso lo fa una Fiera da tempo uscita dai propri padiglioni per portare nel mondo i produttori e per conoscere i mercati.
Nelle scorse settimane a Shanghai, durante un'altra esposizione importante, la miglior rappresentazione del nostro artigianato alimentare è stata per iniziativa di Artimondo, che è un'emanazione dell'Artigiano in Fiera, pronto il prossimo sabato ad aprire i battenti a Milano coi suoi 3.000 espositori di tutto il mondo. Dunque una fiera che si è modificata prolungando l'occasione di promozione e di vendita attraverso l'e-commerce. A proprio rischio, evidentemente, mentre nei convegni si parla, si ripete il solito ritornello.
Basta! Le istituzioni non potranno mai rappresentare il made in Italy, ma solo essere funzionali agli scatti intelligenti che arrivano dalle aggregazioni di impresa, fiere comprese. Si chiama sussidiarietà questo atteggiamento. O più semplicemente rispetto.
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