Ricordo un film di Manoel Oliveira, il maestro del cinema della parola. Il film s'intitola I Misteri del Convento, ed è un grande affresco delle questioni centrali dell'arte di Oliveira: il destino dell'essere umano, la colpa e la redenzione, l'amore (sarà possibile l'amore? - si chiede il regista), la sofferenza e la grazia. Nel film c'è un dialogo, a un certo punto, sull'inquietudine vissuta da uno dei personaggi: «Ma cos'hai? Cos'è che hai?». Lei sulle prime tace; poi risponde: «Ho nostalgia di Dio».
Davvero l'assenza di Dio non esiste. Anche quando l'ambiente culturale sembra dominato dalla distanza o dall'indifferenza nei confronti della questione di Dio, è importante dire che le cose non stanno esattamente così. Dio rimane una questione, tanto per chi crede come per i non credenti. C'è sempre, in ogni cuore umano, una sorta di nostalgia, un'apertura, una disponibilità alla vita dello spirito. Dovremo imparare, forse, a leggere meglio la cultura contemporanea nelle sue turbolenze e ossessioni. Dovremo auscultare, forse, al di sotto delle crosta dei rumori assordanti, i passi di Dio che senza posa va in cerca di noi. L'impronta digitale di Dio è tatuata nel cuore dell'essere umano.
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