Lunedì su "Repubblica" (p. 1 e seguito interno): Pietro Citati in 300 righe rassicura tutti: «Ma la Chiesa non è una città sotto assedio». Ammette " sì " che oggi «i cosiddetti laici dicono stolidità religiose», ma ce ne mette una sua esprimendo disprezzo per Marcello Pera che in un libro ha scritto che tra le grandi religioni «è impossibile un vero dialogo». Leggi e ti rendi conto che a Citati sfugge il senso vero della tesi, condivisa anche da Benedetto XVI, che non nega possibilità e dovere del dialogo, ma constata che l'affermazione pura e semplice di certezze di ogni fede non apre «dialogo», per il quale occorre una base comune, impossibile nel confronto tra tesi assolute. E allora? Allora l'articolo, tra follia e cecità, sorprende e spiace. Spiace, stesso giorno, sulla "Stampa" (p. 1) " "Dio e Cesare, separati ma non troppo" " che anche una firma di solito stimabile mostri di non capire il senso del passo evangelico citato dal Papa all'ambasciata italiana presso la S. Sede, se afferma che nei fatti da quel testo verrebbe «un legame strisciante tra Stato e Chiesa che può condizionare quest'ultima nella sua missione». Valeva, e vale ancora, la pena di approfondire l'autentico senso del brano, modernissimo e rivoluzionario oggi come allora, per Stato e Chiesa. E il Papa lo sa benissimo. Sorprende infine l'ingenua furbizia di Corrado Ocone ("Il Mattino", p. 19) che dopo quasi 8 secoli annuncia trionfale la «scoperta» che Tommaso d'Aquino dubitava che l'embrione nei primi stadi fosse «essere umano». A parte ogni acquisizione scienti-fica successiva: ammetti il dubbio" e che fai? Chiudi gli occhi e spari?
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