Per chi non lo sapesse (noi per primi), il 19 agosto era la Giornata mondiale della fotografia. Per l'occasione Sky Arte ha proposto il documentario Don't blink sulla figura di Robert Frank, che con le sue opere ha rivoluzionato i canoni della fotografia e del cinema indipendente, ritraendo l'essenza degli Stati Uniti, documentando, fra l'altro, la Beat generation e la carriera dei Rolling Stones, oltre ad esplorare i legami familiari e l'amicizia, la memoria e la perdita. Don't blink (traducibile in «non sbattere la palpebra» come si consiglia a chi viene fotografato) si inserisce in un approfondimento tematico che la rete sta proponendo per tutto il mese di agosto con vari documentari biografici. Questo dedicato a Frank, gran parte in bianco e nero come si conviene anche alle foto artistiche, sembra avere i ritmi e la tecnica di quella Beat generation a cui il fotografo e regista svizzero naturalizzato statunitense appartiene. Verrebbe da dire che è fatto di scatti, di istantanee, tanto per rimanere in tema, anche perché Frank, personaggio decisamente originale per non dire bizzarro, non sopporta le interviste. Qui accetta di essere ripreso perché dietro la telecamera c'è Laura Israel, sua fidata collaboratrice, che lo racconta come artista e come uomo, dalle sperimentazioni cinematografiche ai progetti fotografici, fino alla vita privata, alle amicizie e alla drammatica perdita dei figli, per tracciare un ritratto, poetico e ruvido al tempo stesso, dal quale comunque emerge un interesse per le persone («Interessanti sono i volti, non i paesaggi») e per la vita ordinaria. Non è un caso che Frank ritenga «Paper route il film più piacevole che abbia fatto»: racconta semplicemente di un uomo che ogni mattina consegna i giornali e per questo «tutti sono felici di vederlo».
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