I bambini sono le vittime preferite, perché più facili da conquistare e manipolare, dei regimi totalitari. I bambini pendono dalle labbra degli adulti – genitori, maestri... – e sognano di guadagnarsi la loro approvazione. I bambini sono i più docili nel mettersi in fila e marciare. Lo sappiamo. Ma un conto è saperlo, altro conto è vederlo e toccarlo, come è capitato a Francesca Mannocchi (“Stampa”, 28/10) che a Izyum fruga tra le lettere e i disegni inviati dagli scolari russi ai loro soldati in Ucraina, pacchi di posta abbandonati nella ritirata. Inviare lettere e disegni è «attività obbligatoria». Le due pagine rigurgitano di innocenza e spiegano come l’«operazione speciale» sia vissuta da coloro ai quali non si può chiedere di esercitare lo spirito critico: «Ho sei anni e so che state proteggendo la nostra nazione dai cattivi». «Buongiorno soldato coraggioso dell’Esercito Russo. Sappiamo che è difficile essere lì perché i nazisti sono crudeli con la popolazione locale e in particolare con voi, soldati russi. State attenti! Ma dovete ricordare: la Russia vince sempre, i Russi saranno sempre vincitori. Siamo imbattibili!». «Buongiorno, valoroso difensore della nostra patria! Peccato che i nostri Paesi – la Russia e l’Ucraina – sono stati aizzati tra di loro dagli Usa e dai Paesi della Nato affinché ci annientassimo l’un l’altro. I nazisti ucraini sono molto crudeli. Non dubitiamo della vittoria, perché conosciamo gli atti eroici delle nostre forze armate che alla fine sono sempre vincitrici». Nei disegni il soldato russo non spara mai: tiene in braccio una bambina, ha in mano una bandiera e un mazzo di fiori; il carro armato sul prato verde sembra un bruco che si gode il sole davanti a un fiore enorme. Poi i bambini varcano la labile soglia che li separa dall’adolescenza e alcuni di loro finiscono dalla prigione della propaganda di regime a quella di sbarre. Ancora la “Stampa” (27/10) dedica un lungo reportage al carcere minorile di Torino, firmato da Irene Famà e Massimiliano Peggio. Perché delinquono lo spiegano in modo semplice: «Quando non hai niente e vedi che gli altri hanno tutto, indossano scarpe e vestiti firmati, quelle cose le vuoi anche tu. Per sentirti come loro. E te le prendi, perché sei povero». È il “fronte” di cui si parla pochissimo, eppure è il più vicino.
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