Tra i sindaci delle grandi città eletti nelle ultime elezioni amministrative, Virginia Raggi è l'unica a non aver ancora completato e annunciato la sua Giunta. Dovrà farlo per legge entro il 7 luglio, in occasione della prima seduta del Consiglio comunale. Ma se dopo due settimane dal suo trionfo personale e da quello del Movimento 5 Stelle il nuovo governo della Capitale non c'è ancora, e al suo posto si rincorrono indiscrezioni di guerre intestinee di nomine smentite il giorno dopo, vuol dire che il rischio di perdere la potenzialità innovativa e di tradire il gigantesco carico di aspettative dei cittadini romani esiste ed è molto concreto. Mentre Roma attende una "scossa" – per non rassegnarsi all'inefficienza di quasi tutti i servizi pubblici dipendenti dal Comune – provo a dare qualche consiglio (non richiesto) al nuovo sindaco. Il primo è di metodo: lasci perdere le facili "mistiche" dell'anti-casta, dei poteri forti, della democrazia diretta a tutti i costi e in tutti i contesti. La semplice denuncia non serve più a nulla oggi, diventerà irritante e pericolosa domani. Roma può essere liberata dalla maledizione che sembra averla condannata all'anarchia e alla rendita solo con azioni di governo rapide, credibili e competitive con quelle degli altri "hub" del mondo (magari copiando il meglio delle esperienze internazionali). Azioni su cui il sindaco ci mette la testa e la faccia, senza delegare responsabilità ai suoi elettori. Ma il suggerimento più importante è di merito. Un buon imprenditore o manager che vuole scoprire perché non funziona la sua azienda, non si chiude nel suo splendido ufficio ad elaborare strategie. Si immerge in fabbrica a contatto diretto con gli operai delle linee produttive e nei negozi gomito a gomito con i clienti. Lo stesso dovrebbe fare un buon sindaco: girare per le strade e parlare con gli operatori dell'Ama e con gli autisti dell'Atac, ma anche con i cittadini-clienti che ricevono un pessimo servizio a costi stratosferici. E poi cercare di risalire la filiera, dando un'occhiata ai contratti di servizio che legano il Comune di Roma e le sue municipalizzate. Se lo farà, Raggi scoprirà in quei contratti una serie di assurdi vincoli sulle modalità di esercizio della prestazione lavorativa, che andrebbero cancellati in 48 ore. Ma soprattutto che la qualità del servizio è solo un'enunciazione teorica, perché manca ciò che rende "efficace" nel mondo reale ogni rapporto tra committente e fornitore: ovvero un set di indicatori misurabili che consentano di stabilire in modo oggettivo – al Comune e ai singoli cittadini – se il servizio è adeguato o meno, nonché incentivi e sanzioni che premino le buone performance e puniscano (fino alla rescissione del contratto) le inadempienze. Basterebbe cambiarli, quei contratti, per iniziare a giocare davvero la difficile partita del rilancio di Roma.@FFDelzio
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