sabato 30 luglio 2016
Una piccola stanza, un lume sulla scrivania e quei ricordi sulle pareti che non hanno mai lasciato la mia vita: l'attestato di laurea di mio padre in una cornice dorata, emesso a nome di Francesco Giuseppe imperatore, la pergamena firmata dai segantini della valle di Fiemme che ringraziano per la difesa nei loro confronti alla Camera di Vienna nel 1914 e, in una scritta abbellita da rami di foglie di quercia, il ringraziamento del popolo della valle per l'instancabile lavoro fatto a loro tutela.Subito dopo la Grande Guerra, in un'edizione dell'Accademia Albertina di Torino, al prezzo di Lire 5 si poteva avere la foto di tutti i deputati del nuovo Parlamento Italiano; alla sesta riga, quarta foto, è segnato: A. De Gasperi. Ma dovevano passare vent'anni e la sconfitta di una nuova guerra per arrivare alla foto del 1946 con il primo Congresso della Democrazia Cristiana dove mio padre cerca di offrire un volto sereno a un futuro compito duro e difficile. In alto, nell'ultima fila, una giovane ragazza con il colletto di merletto imprestato dalla nonna, sorride felice.Le tempeste di neve, le piogge d'autunno e il raro sole dell'estate hanno dato vita a questa casa raccogliendo il riso e il pianto dei bambini, i timori e le gioie degli adulti, nonni, genitori, zii e nipoti. Ognuno ha lasciato qualcosa di sé in queste stanze e sulla prima collina dove un faggio centenario permette ancora al vento di scuotere i suoi rami. Gli alti boschi di pini e abeti fanno corona tutt'attorno e ricamano lo spazio tra casa e mondo esterno, ritagliando le montagne sullo sfondo di un cielo spesso sconvolto dalle nuvole mentre corrono a portare pioggia.Tutto questo ha permesso agli uomini di famiglia, che avevano offerto buona parte della vita alla politica, di trovare qui giorni e attimi di pace. Zio Pietro, d'animo di sottili dolcezze nascoste sotto un impegno di severità con se stesso e con chi gli viveva vicino, aveva fatto una breve comparsa nella vita politica del Paese, per ritirarsi poi nel silenzio e nella lettura che aveva sempre riempito la sua esistenza. Mio padre – che aveva fatto della politica il segno dell'onestà, il pegno della dedizione al bene degli altri, la ragione del proprio credo religioso, la pace dell'animo – aveva trovato in questa piccola stanza il posto per meditare, scrivere, prendere decisioni per il futuro del nostro Paese. E qui lo seguivo con il mio piccolo colletto ricamato, custode della sua pace, affinché la natura che lo circondava gli portasse conforto e forza per continuare la sua strada.
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