È in scena immobile, mentre lo inchiodano alla roccia altissima sul mare tempestoso della Scizia, la terra lontana, ai confini estremi del mondo. Nella tragedia Prometeo incatenato di Eschilo, gli esecutori del volere di Zeus, signore degli dèi olimpici, lo incatenano alla pietra affinché sconti il suo estremo atto di amore per l’uomo: ha portato agli uomini il fuoco – magia esclusiva degli dèi – per pietà della condizione umana.
Prometeo ha combattuto a fianco di Zeus per la conquista del regno cosmico, contro gli antichi dispotici Titani, ma non appena giunto al potere, Zeus vuole cancellare la razza umana. Prometeo, unico tra gli dèi, gli si è opposto, ha salvato gli uomini.
A cui, urla dalla roccia ha donato il numero, la parola, l’astronomia, la Memoria: che ci lega e affratella nel passato e nel presente. E infine, dono supremo, il fuoco, che apparteneva solo agli dèi: con il fuoco l’umano tiene lontane le fiere di notte, fonde i metalli, fa luce, cuoce il pane e le carni: diviene uomo. Per questo Zeus lo condanna. Prometeo non si pente, resiste alla tortura, per amore dell’uomo. Curioso come per molti, matrice illuministica, Prometeo rappresenti la ribellione dell’uomo contro Dio. Prometeo è il dio che si ribella per amore dell’uomo e in nome di Dio.
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