La preghiera ha anche la forma di una domanda. Si lascia abitare dalla meraviglia del nostro esistere dinanzi a Dio. La meraviglia dell'argilla nelle mani del creatore. Si pensi al Salmo 8: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi? Il figlio dell'uomo, perché te ne curi?». Dove ci spinge il vento di queste insopprimibili domande? Forse ci porterà semplicemente a comprendere la vita umana come possibilità di Dio. Sì, questa vita, che così spesso fatichiamo ad abbracciare, accettare o capire. Questa vita che è esaltante come una danza senza fine e al tempo stesso è luogo di fragilità, contraddizione e dolore. Questa misteriosa vita che si slancia talmente in avanti, oltre noi, che pare sfuggirci. Questa vita, così in transito tra direzioni opposte, è il bersaglio dello sguardo di Dio. Proprio questa vita, che costruiamo nello sforzo giorno dopo giorno, che resiste all'astratto e si lascia vedere meglio nel concreto: in gesti piccoli e grandi, in opere di ampio respiro o nel minuscolo sillabario dei giorni. Questa vita che non è unicamente pura biologia, elementare fattualità, ma è etica, amore, intenzionalità, arte, preghiera, desiderio, sogno e ricerca. Questa vita che si quantifica e si misura, ma per rimanere infine indecifrabile, è il luogo di Dio.
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