venerdì 20 luglio 2018
Un libro per l'estate, appassionante e istruttivo? Si intitola 1947 ed è un saggio storico scritto da una giornalista con talento di narratrice, la svedese Elisabeth Åsbrink (intervistata su queste colonne da Alessandro Zaccuri in occasione dell'ultimo festival Incroci di civiltà), ed edito da Iperborea (pagine 220, euro 18,00), che lascia sul fondo le domande sul metodo, come esplorare il passato e raccontarlo, e affronta di petto la Storia, proprio nel senso della Morante di «uno scandalo che dura da diecimila anni». Per la Åsbrink ci sono anni come il '47 in cui la Storia mette in gioco più cose, tra passato recente e remoto e futuro vicino e lontano. La sua ricostruzione ci dice che un romanzo per quanto magnifico o un saggio per quanto documentato non possono fermarsi a una vicenda, devono metterne a confronto tante. Morante diceva la Storia, come male del mondo, attraverso personaggi immaginari, ma mettendo all'inizio di ogni capitolo una cronologia delle tragedie, degli orrori comuni, la Åsbrink – pur sempre rivendicando una sensibilità e un'attenzione femminile - ha scelto di raccontare un solo anno, mese per mese, che considera cruciale, di cerniera tra un atroce passato, una guerra mondiale di 60 milioni di morti, e un futuro che per alcuni paesi è stato di pace e per altri di nuovi conflitti o oppressioni. Della sua ricostruzione si possono osservare un punto di vista anzitutto ebraico (è ebrea di origine ungherese e alla tragica storia della famiglia dedica un breve capitolo centrale che divide l'anno in due), anche per la storia di Israele e Palestina e l'attenzione a personaggi come Celan, Primo Levi, Nelly Sachs, compensati da quella a Orwell che nel '47 scrive 1984, e alla Beauvoir e al suo amore con Nelson Algren che prelude alla scrittura del Secondo sesso; e la scarsa o nulla attenzione per quel che nel '47 accadeva, con storie non meno terribili o importanti, in Giappone, Africa, Cina, America Latina, la stessa Unione Sovietica, e Francia, Spagna, Italia... Di un libro “europeo” infine si tratta, e dei lasciti di un conflitto e della difficoltà di uscirne, e di quanto porterà a nuovi conflitti o a mutazioni decisive (il kalashnikov, l'intelligenza artificiale, ma poco si dice dell'atomica). Insomma è un 1947 a venir riportato in vita e non il 1947. Ma in questi limiti, 1947 è un libro che costringe a pensare e a ri-pensare. Ha infine un leitmotiv in un personaggio dimenticato, che riuscì a introdurre nei discorsi delle organizzazioni internazionali il concetto di genocidio, e la parola stessa, Raphael Lemkin, un ostinato funzionario minore che tra frustrazioni e delusioni ha battezzato un crimine di cui, purtroppo, la storia a venire, dal '47 a oggi, ha dato e dà altre
terribili dimostrazioni.
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