Tra di loro alleati il veder chiaro, cogliere dettagli invisibili allo sguardo frettoloso, e il passeggiare smarrendosi tra intrichi di strade, dimentichi del tempo, immersi in quell’andare del corpo che fluidifica il corso dei pensieri così sgombrando il campo visivo dall’intralcio di rovelli mentali nebbiosi e preconcetti. La “flanerie”, il passeggiare senza mèta battezzato da Baudelaire, per Walter Benjamin è punto di partenza. Solo “prendendo posizione” si potrà cogliere il reale, e sua presa di posizione era quel passeggiare. Non però un aggirarsi vago, indeterminato – piuttosto un muoversi disorientato tra topografie che d’improvviso, grazie al crearsi di inattesi punti di riferimento, si fanno leggibili. Se labirintica è la città
(Benjamin si riferiva a Mosca, interscambiabile con Berlino, Parigi, Marsiglia), ecco che un certo angolo fa sì che il viaggiatore colleghi strade sino ad allora pensate come distanti, ora riunite come le briglie di un tiro di cavalli si riunisce nelle mani di un vetturino, questa la bellissima metafora che usa.
Progressivo orientarsi, e in parallelo l’acuirsi dello sguardo: l’angolo tra le strade diventa “quell’angolo”, chiaro, riconoscibile, ora e per sempre facile da rivedere nel pensiero, per come lo si è rinvenuto passeggiando.
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