Un gruppo di signori, alla corte del re di Navarra, un gruppo di donne, al seguito della principessa di Francia. Ferdinando, re di Napoli, un giorno decide di dedicare tre anni di vita all’erudizione, puro studio e disciplina spirituale, e di compiere questo percorso con tre dignitari, amici. Biron, Longueville e Dumaine, più o meno convinti, accettano quindi di stilare un atto nel quale giurano di dedicare tre anni esclusivamente a studio e perfezionamento intellettuale, rinunciando a ogni anche più naturale piacere terreno: pranzi fastosi, vini profumati, vesti sontuose e, soprattutto, donne. Ascetismo assoluto. È sufficiente, in questa esilarante commedia di Shakespeare, la visita a corte della Principessa di Francia con le sue tre damigelle perché dopo pochi giorni il giuramento vada all’aria. Il re cerca di resistere, ma il dialettico, fosforico Biron scombussola tutto. Rompe quella promessa e innaturale sospensione della vita, riaprendone il corso con innamoramenti, e giuramenti: questa volta credibili, perché d’amore. Quattro giovani uomini e quattro ragazze innamorati.
Commedia sull’amore. Sull’impossibilità e innaturalità di non amare, Pene d’amor perdute.
E tra le mascherate dei signori e quelle delle donne, l’opera è ancora una volta, come sempre in Shakespeare, una messa in scena della natura intrinsecamente teatrale della vita: dove l’aggettivo “teatrale” non indica inganno, ma incanto, illusione che svela il vero.
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