Ora che le elezioni in Sardegna sono passate, sommessamente, mi vien da chiedere: ma la parola qualità (riferita al latte s'intende) l'ha mai pronunciata qualcuno? Ogni tanto si accendono fuochi di protesta intorno a prodotti considerati commodity, senza pensare che la vocazione del nostro Paese è quella di superare l'indistinto per portare nel mondo prodotti di qualità. Detto questo, l'aumento statalizzato del prezzo del latte in Sardegna non è la soluzione: è una pezza dal sapore vagamente elettorale. Più interessante sarebbe capire quali suggerimenti di marketing, quale racconto possa scaturire, quale piano industriale possa mettere in atto una Regione, custode di una tradizione e di un sapere. Se il passo del nuovo governo regionale non sarà in questa direzione, rischiamo di arrivare alla vigilia di ogni appuntamento elettorale con una protesta nuova (per le europee cosa c'è da aspettarsi?). Detto questo, i dibattiti che si sono svolti lo scorso fine settimana al Festival del Giornalismo alimentare di Torino hanno acceso più di una lampadina su quella parola – qualità – che viene continuamente svilita. Lo ha detto il professor Giorgio Calabrese quando, parlando dei semafori rossi e verdi ideati in Inghilterra, ha dovuto spiegare che l'alt all'olio di oliva e il via alle bibite gassate era più che un paradosso. Un paradosso che fa pensar male. Ma la scoperta che serpeggiava fra gli addetti ai lavori era che anche in Italia, lentamente, stanno scomparendo le cucine. E chi ci aveva pensato? Eppure sembra proprio che le nuove coppie, quando mettono su casa, abbiano in mente che la cucina può anche aspettare, in subordine alla televisione. È una questione di costi, dicono, ma fors'anche di concezione dell'esistenza, che diventa di certo più povera se manca la tavola, intesa nel suo senso più completo. La sera stessa da Torino sono passato a Milano per scoprire che il traffico, all'ora di cena, deve ormai fare i conti con i gruppi di biciclette che consegnano a casa hamburger, pizze, piatti. Il servizio delivery spopola e già si parla di consegne in bicicletta fatte dai mercati all'aperto: il primo esperimento a Torino nel quartiere Santa Rita. Nulla di male: è il nuovo che avanza; ma il desiderio di osservare di persona e riconoscere un prodotto di qualità che fine sta facendo? Non si cucina, non si fa più la spesa, non ci si guarda in faccia intorno a una tavola, al massimo ci si accomoda a fianco sul divano davanti a un video, col telefonino in mano (e qui l'America, intesa come modello e stile di vita, sembra abbia vinto)... Ora mi chiedo: possiamo assistere inermi a questo stravolgimento? Spero che almeno i parroci, che organizzano i corsi prematrimoniali, abbiano in serbo una lezione sul valore della cucina, della tavola, della convivenza sana dentro le piccole comunità domestiche.
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