In un agosto dominato dalle notizie sulla crisi di governo più surreale della nostra storia, è passata quasi sotto silenzio un'intervista rilasciata da papa Francesco all'inizio del mese scorso. Un'intervista in cui il Pontefice affronta molti argomenti, particolarmente interessante là dove Francesco parla del prossimo Sinodo sull`Amazzonia che – sottolinea Bergoglio – «è "figlio" della Laudato si'. Chi non l'ha letta non capirà mai il Sinodo. La Laudato si' non è un'enciclica verde, è un'enciclica sociale, che si basa su una realtà "verde", la custodia del Creato».
Parole, queste del Papa, che mentre rispondono a quanti continuano a presentare l'enciclica – per denigrarla – come una sorta di "manuale dell`ambientalista cattolico" portano in primo piano la questione centrale dietro al Sinodo: quella di rispondere da cristiani al ruolo di custodi della creazione di Dio, di cui possiamo godere ma non abusare. È un problema che il magistero negli ultimi decenni ha affrontato in modo inequivocabile. Giovanni Paolo II nella sua Sollecitudo rei socialis, parlando di quel ruolo, scrive che l'uomo e la donna hanno «il compito di "dominare" sulle altre creature, "coltivare il giardino"», un mandato «da assolvere nel quadro dell'ubbidienza alla legge divina e, quindi, nel rispetto dell'immagine ricevuta, fondamento chiaro del potere di dominio, riconosciutogli in ordine al suo perfezionamento. Quando l'uomo disobbedisce a Dio e rifiuta di sottomettersi alla sua potestà, allora la natura gli si ribella e non lo riconosce più come signore, perché egli ha appannato in sé l'immagine divina... Il dominio accordato dal Creatore all'uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di "usare e abusare", o di disporre delle cose come meglio aggrada».
Nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace del 2010 – dal titolo significativo «Se vuoi coltivare la pace, custodisci il Creato» – Benedetto XVI approfondì quel concetto, spingendosi ancora più avanti e proiettando la Chiesa verso un punto di non ritorno sul tema ambientale: «Tutto ciò che esiste appartiene a Dio – scrisse Ratzinger – che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente. E quando l'uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, "piuttosto tiranneggiata che governata da lui". L'uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custodendola e coltivandola... La Chiesa ha una responsabilità per il Creato e sente di doverla esercitare, anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l'acqua e l'aria, doni di Dio Creatore per tutti, e, anzitutto, per proteggere l'uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso».
Ecco dunque, tornando a Francesco, perché l'Amazzonia è «luogo rappresentativo e decisivo» che «insieme agli oceani contribuisce in maniera determinante alla sopravvivenza del pianeta. Gran parte dell'ossigeno che respiriamo arriva da lì. Ecco perché la deforestazione significa uccidere l'umanità. E poi l'Amazzonia coinvolge nove Stati, dunque non riguarda una sola nazione. E penso alla ricchezza della biodiversità amazzonica, vegetale e animale: è meravigliosa». Una prospettiva che ci coinvolge tutti, personalmente, a partire dalle piccole cose quotidiane che, dice il Papa, «incidono eccome, perché si tratta di azioni concrete. E poi, soprattutto, creano e diffondono la cultura di non sporcare il Creato».
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