Nel carnevale delle identità viviamo chiusi in idee fisse
venerdì 14 ottobre 2022
Nella storia della civiltà e delle diverse culture umane, i periodi di grave crisi, come quello che stiamo vivendo, inducono o costringono a pensare a quanto c'è di giusto e di sbagliato nel nostro modo di vivere, nel rapporto con noi stessi e con la realtà. Oggi però è la nostra stessa autocoscienza culturale a essere in crisi: impoverita, ridotta a consumo, burocratizzata, futile. Parliamo tanto di razionalità e di creatività, ma le due cose si stanno dissociando. La razionalità si riduce a calcolo, algoritmo e la creatività a dissennato soggettivismo, in cui l'io di ognuno pretende di creare dal nulla le proprie convinzioni e la propria identità. Ogni io dice: io sono quello che credo di essere e questo è un diritto che mi va riconosciuto. Nel carnevale delle identità immaginarie e fittizie, ognuno vive sempre di più nel chiuso della propria testa. Viviamo di miti, oggi denominati "narrazioni", anche se si tratta piuttosto di idee fisse: l'arte di narrare in realtà è in declino. Al primo posto c'è ancora il mito del progresso automatico. I continui cambiamenti sono scambiati per miglioramento. Si giudica il presente solo dal punto di vista di un futuro ineluttabile. Ma sarebbe saggio anche giudicare il presente dal punto di vista del passato, del suo male e del suo bene. C'è poi il più primordiale e distruttivo dei miti: quello della forza, del potere, della competizione, in cui si può solo vincere o perdere. Si parte da giochi che sembrano innocenti e si arriva alle guerre. Superare gli altri, superare il limite: ma perché? Il "sempre di più" è nemico del bene che già abbiamo. Infine il mito di massa più recente: quello della velocità e della comodità, il mito della macchina e di macchine sempre più comode e veloci. Crediamo di servircene e invece mettiamo la nostra vita al loro servizio. È una cultura di esseri umani che sognano di diventare macchine. Un sogno tutt'altro che innocuo, un sogno disumano. Ricordo in proposito tre libri profetici del Novecento: La disumanizzazione dell'arte di Ortega y Gasset (1925), Massa e potere di Elias Canetti (1960) e L'uomo è antiquato Günther Anders (1956-1980).
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