Il vecchio Povia voleva «essere un piccione», noi invece vorremmo essere Gianni Morandi. Altra domanda al megadirettore di Rai 1 Coletta: ma perché continuare a chiamarlo Festival della canzone italiana e non “Festival del telesermone”? Passi l'intro antirazzista di Lorena Cesarini, che mette tutti d'accordo, ma perché invece di ascoltare la musica, anche quella un po' misera che passa il regno di Amadeus III, dobbiamo sorbirci i teletribuni? Quelli di professione, come Roberto Saviano, mandato in prestito da Fabio Fazio, per ricordarci i 30 anni delle stragi di Capaci e di Via d'Amelio. Ma per spiegare a un giovane che guarda il Festival – il più visto e ascoltato dalla Z generation, così dicono i dati, “che cos'è la mafia?” – lo si deve fare per forza tra una canzone dell'uomo ranuncolo Michele Bravi (coltiva fiori sulla giacca) e un raptus cobresco dell'ectoplasmatica Retttore? È una questione di buon senso e non di chimica, esistono contesti e trasmissioni adeguate, Rai Storia basta e avanza per fare un approfondimento con relativo dibattito serio e pertinente su due eroi esemplari come Falcone e Borsellino. Ecco perché vorrei che fossimo tutti Gianni Morandi («stai andando forte e apri tutte le porte»). Per cinque giorni all'anno, che trionfi anche il pensiero debole dell'eterno ragazzo di Monghidoro con la sua newage jovanottiana dell'«io penso positivo», anche se sono vivo, per miracolo, dopo due anni di semibuio pandemico. Passi anche l'Oronzo Carrisi che ricorda la fortuna sfacciata, toccata in queste due stagioni all'inferno, ai virologi, a cominciare dal professor Bassetti, anche se al dottor Luca Medici (alias Checco Zalone) ricorda che lui pur apprezzando la gag non si è sentito minimamente toccato, in quanto «infettivologo». C'è un virus che si aggira per Sanremo 2022 ed è quello del sermone a tutti i costi. Abbiamo iniziato con quello “battesimale” di don Lauro e nella terza serata, a notte fonda, arriva la parola di madre Drussila Foer. Il colto en travesti ha fissato la telecamera e il pubblico dell'Ariston e con occhio languido ha implorato: «Date senso alla mia presenza su questo palco e compite l'atto più rivoluzionario: ascoltare le vostre unicità!». In attesa che ognuno di noi scopra la propria unicità e la comunichi alla Drusilla, il vero FantaSanremo è sui social. Nel ring del web l'unicità sta nei colpi proibiti che si danno i finti fan di quel cantante o del tal personaggio apparso sul piccolo schermo, che per Drusilla è nostra signora tv. Il premio Flaiano della terza serata va al commento più ironico intercettato su facebook (scritto in dialetto umbro-marchigiano): «Prima di sabato chi veste Orietta Berti non è ora che va in galera? Lo Stato dove sta?». Giriamo il quesito a Roberto Saviano.
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