«Noi siamo fatti della stoffa di cui sono fatti i sogni». Allora Shakespeare, autore di questo verso, afferma che la nostra vita è vana e inesistente? Come i sogni inconsistente, illusoria? Una visione nichilista. Al contrario: chi può negare che la nostra vita, vita terrena, a un certo punto svanisca? Ma Shakespeare sottende che i sogni, come dissolvono, riappaiono: non muoiono mai definitivamente. Il materialista duro e puro, l'ateo fondamentalista, risponderebbe che il corpo vive e poi muore, punto. Verissimo: sarebbe folle svalutare la realtà fisica del corpo: chiedetelo a chiunque soffra, a qualunque malato o ferito. E il corpo conosce pure felicità. Questa realtà è vera e innegabile, ma non sufficiente. Lasciamo stare la dimensione spirituale dell'uomo che l'ateo fondamentalista esclude. Domandiamogli se si è mai innamorato. Perché di quella persona e non di un'altra? E le simpatie? Perché qualcuno ci è simpatico e un altro no? E perché qualcuno si trova tifoso di una squadra di calcio e qualcuno nasce e permane indifferente? Perché uno ama la musica e altri no, uno i cani e un altro le piante? La parte fisica del nostro essere è importante. Ma quella spirituale, muove metà della nostra vita. E la sua sostanza non è di muscoli e sangue (benedetti, sia chiaro), ma impalpabile, tessuta dal nulla, come i sogni.
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