Aveva solo 14 anni, Marcelina, quando da una comunità indigena nello stato di Oaxaca si trasferì a Città del Messico per svolgere l’unico lavoro al quale le ragazze come lei, povere e semianalfabete, con pochi rudimenti perfino di spagnolo, potevano aspirare: la domestica. Fu brutale, come per molte di loro: una mezza schiavitù, mal pagata, mal considerata, appesantita da maltrattamenti e abusi. «Ero la terza femmina di 12 figli, a 9 anni volevo fare la maestra ma i miei parenti ridevano di me, a 14 sognavo di diventare avvocata ma lavoravo già per una famiglia, badando ai bambini. Così i miei progressi sono stati lenti», racconta. A 17 anni Marcelina incontrò in una chiesa il Movimento dei giovani lavoratori cristiani, che si impegnava per l’avanzamento dei diritti dei salariati. Le sembrò l’occasione giusta: poteva fare la differenza per quelle come lei, iniziò a studiare e dopo alcuni anni, nel 2000, fondò il Centro per il supporto e la formazione dei lavoratori domestici a Città del Messico (Caceh in spagnolo), primo nucleo del successivo Sindacato dei lavoratori e delle lavoratrici domestici, al quale oggi si dedica a tempo pieno. Marcelina Bautista, la “fundadora”, oggi ha 56 anni e si è forgiata con
anni di dure battaglie sindacali: è grazie a lei se il lavoro domestico, informale e “clandestino”, è entrato (per ora con un programma pilota limitato a Città del Messico) nel sistema di sicurezza sociale, se la Legge federale del lavoro è stata modificata per riconoscere quello domestico come professione (prima era catalogato come “servizio speciale”) e se il suo Paese ha ratificato la Convenzione dell’Ilo (International Labour Office dell’Onu) sul lavoro domestico, che lei stessa ha contribuito a redigere a Ginevra nel 2011. L’obiettivo di questa combattente minuta ma fortissima, entrata nel 2021 nella lista della Bbc delle 100 donne più
influenti del mondo, è elevare lo status sociale delle domestiche e assicurare loro gli stessi diritti degli altri lavoratori: salario equo, permessi per malattia, libertà dallo sfruttamento sessuale. In Messico si stima che 2,4 milioni di persone lavorano come domestici, e il 95% sono donne. Un esercito invisibile, non riconosciuto, che la pandemia di Covid ha colpito in modo molto duro. Marcelina Bautista non è rimasta con le mani in mano: ha lanciato la campagna #CuidaAQuienteCuida, prenditi cura di chi si prende cura di te, invitando i datori di lavoro a non smettere di pagare lo stipendio alle loro colf. La sua organizzazione ha continuato ad assicurare assistenza legale alle associate, ha organizzato raccolte fondi per garantire cibo e sussidi a chi era rimasto senza reddito e ha implementato una App che riepiloga, a portata di smartphone, i diritti delle lavoratrici: ferie, permessi, indennità di licenziamento. La pandemia, secondo Marcelina, ha messo in evidenza proprio l’importanza di organizzarsi per affrontare le difficoltà insieme. «Abbandoniamo le nostre paure, organizziamoci e quando saremo organizzate, vedremo le cose in modo diverso», ama ripetere, puntando a far nascere gruppi di lavoratrici domestiche in ognuno dei 32 Stati messicani entro il 2024. Poiché le collaboratrici familiari (un termine che il Messico non conosce) hanno poco tempo libero, il Cacech organizza seminari, training, corsi di spagnolo per chi parla solo lingue indigene nei parchi, nei mezzanini delle metropolitane o ai capolinea dei bus. Il motto di Marcelina è «rendere visibili gli invisibili», e nessuna occasione va sprecata.
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