Che la comunicazione interpersonale, soprattutto quella tra i giovani, sia in crisi è cosa nota. C'è chi sostiene che l'uomo del futuro avrà pollici grossissimi: sarebbe l'esito "evolutivo" dell'uso abnorme cui essi sono oggi destinati per comporre i numeri e i messaggini telefonici sui cellulari. Per i quali oggi si adoperano sempre più le emoji e le emoticon, cioè (ma non solamente) quei disegnini di faccine che esprimono sentimenti e contenuti con le loro smorfie e sono una specie di esperanto grafico, di geroglifici, un linguaggio universale in ideogrammi. Secondo la Repubblica (martedì 12), «le emoji sono più di 800», disegnate «da un anonimo ingegnere giapponese nel 1998». Con queste, per esempio, «i nipotini messaggiano [ai nonni] i voti appena presi a scuola» (ma quel “messaggiare” mostra che la crisi comunicativa tocca anche i giornali). Le usano nel mondo, grazie a whatsapp e ad altre app (applicazioni), un miliardo di persone che «ogni giorno mandano 19 miliardi di messaggi». Il drammatico è che, a voce, non solo non si dialoga più, ma che il linguaggio si impoverisce sempre più con l'uso – rilanciato quotidianamente dal cinema e dalla televisione (anche la Rai) – del turpiloquio, ultimamente anche quello politico (vedi il capopopolo leghista Matteo Salvini) e giornalistico (vedi Libero e Il Fatto Quotidiano, 31 marzo). «Stiamo diventando una civiltà delle cattive maniere e delle cattive parole […] come se fosse un segno di emancipazione»: sono parole di papa Francesco nell'udienza generale di mercoledì scorso, raccolte da Il Giornale (giovedì 14). Il quale, però, ha dimenticato il ricordo papale di san Francesco di Sales, il quale «soleva dire che “la buona educazione è già mezza santità”». C'è però e per fortuna, anche l'altro verso della medaglia: «I giovani parlano antico» (Il Messaggero). Da martedì a venerdì scorsi si sono svolte a Roma le prove (i certamina) finali della quarta Olimpiade nazionale di lingue e civiltà classiche (greco, latino e civiltà) alle quali hanno partecipato i 145 vincitori regionali. Nelle prime prove erano tremila: per molti ragazzi del liceo classico il greco e il latino, due “lingue morte”, sono tuttora una vera passione: «I classici – dicono – mi aiutano a capire le mie radici. Ti insegnano metodo e logica e le ricchezze nascoste della vita. Abolire lo studio delle lingue classiche è una scusa per tagliare fondi alla scuola». Non tutti i giovani comunicano con le “faccine” e i “cuoricini”, né tutti appartengono alla “Ctrl+C, Ctrl+V generation” (in lingua computeriana: “generazione copia e incolla”). I veri giovani ancora «parlano antico».ENUNCIATI INCREDIBILIPresentato dal Corriere della sera (domenica 29), il non più reverendo, ma sir, Anthony Kenny, oggi filosofo e vice rettore della British Academy, sostiene che «un Dio senza tempo è incredibile», ma, per fortuna, ciò non significa per forza che non esista. Il problema «Dio esiste o non esiste – scrive – è che nessuno sa la risposta». A un qualsiasi lettore è un'affermazione come questa che appare subito incredibile, dato che Dio è al di fuori del tempo e di ogni altra misura umana. Ma per sir Anthony «gli enunciati teologici sono privi di senso». Eppure un tempo faceva il prete e dovrebbe ricordare che, comunque, Dio nel tempo è entrato con Gesù, suo Figlio.FELICITÀ IN DUBBIOUn monaco buddhista di 67 anni trascorre le sue giornate in meditazione davanti alle montagne dell'Himalaya, nel Nepal. Tempo fa aveva accettato (la Repubblica, martedì 12) di farsi misurare lo “stato emotivo” da un laboratorio del Wisconsin, che lo ha definito «l'uomo più felice del mondo». Non c'era stato ancora il terremoto.
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