Lupus felice, quasi un selfie scritto. Qui, proprio qui ieri "WikiChiesa", rubrica del collega Mocellin, la simpatica rievocazione del «bambino che pranza con Dio». Un sospiro di bontà! Leggi, sorridi e vai avanti. Però poi ci ripensi, rileggi e trovi che davvero dentro quell'esile racconto, a parte i buoni sentimenti che può ispirare, c'è qualcosa di misterioso, di infinito, di eterno… Il bimbo voleva incontrare Dio, esce di casa e dona le merendine alla «donna senza fissa dimora» trovata in strada, che accoglie il dono con «un bellissimo sorriso».
Poi lui torna a casa e dice alla mamma che «Dio è una donna, e ha il più bel sorriso che abbia mai visto». Da parte sua la donna racconta a una amica che «Dio», con il quale ha mangiato una merendina, «è molto più giovane di quel che mi aspettavo». Dio nell'incontro con l'altro, dunque, e da ambedue la parti. Ci pensi e trovi che dentro c'è tanto, anzi tutto: l'«homo homini Deus» dei grandi filosofi, anche quel Dio che si è fatto carne del Prologo di Giovanni, e «lo avete fatto a me» di Matteo 25 nel giudizio di valore della intera vita, e il «noi già siamo figli di Dio, ma ancora non si vede», ancora Giovanni. Tutto! Sospiro di bontà donata.
Ecco perché i Santi, quelli veri che non hanno la «faccia all'aceto» o «spruzzata di peperoncino» - termini noti da qualche tempo, vero? - vivevano alla continua presenza di Dio, anche quando non lo sentivano. Ecco che Teresa di Lisieux, Dottore della Chiesa e «Maestra dei teologi», poteva dire senza superbia: «sì, morendo vedrò Dio, ma quanto a essere con Lui lo sono già pienamente anche ora». Come è stato possibile che una fede così carica di Dio e di Uomo insieme sia stata vista come oppio dei popoli, e ancora come freno al progresso? Colpe di "avversari", certo, ma anche della nostra dimenticanza della sostanza della fede.
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