venerdì 12 maggio 2023
Banjul, la capitale del Gambia, il più piccolo Stato africano, custodito dentro al Senegal allo stesso modo della spada nel fodero, assomiglia a una roccaforte britannica alla foce del fiume che sbocca sull’Oceano Atlantico, intorno a cui negli anni è cresciuto l’agglomerato urbano di costruzioni precarie, divise da strade spesso ancora di sabbia rossa. Scuole, chiese e moschee punteggiano i viali percorsi da un mare di gente. Serekunda, quartiere dell’estesa periferia, si è andato affiancando al nucleo governativo, fino a costituire una sorta di città gemella. Il mercato del pesce, organizzato direttamente sulla spiaggia, è difficile da dimenticare. Le barche arrivano cariche e tutti cercano di acquistare le casse piene a poco prezzo. Nella calca la confusione trionfa. Più in là intere famiglie consumano il pranzo. Molti giocano a pallone. Tanti bambini girano apparentemente da soli. Alcuni conferenzieri improvvisano discorsi. Faccio amicizia col taxista che mi sta riportando indietro. Gli chiedo quanti anni ha e lui mi guarda perplesso, come se lo avessi colto impreparato. Dice di non ricordarselo. Di fronte alla mia incredulità decide di consultare la patente. Scopre di averne ventisette. Sembra una scena inventata ma non lo è. L’Africa mi impartisce così la sua vera lezione. © riproduzione riservata
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