domenica 8 maggio 2022
La parola “legame” contiene sfumature emotive ambivalenti; “legarsi”, “essere legati” a qualcuno risuona da un lato come qualcosa di rassicurante (la certezza di un legame è il migliore antidoto ai nostri sentimenti di solitudine), ma dall'altro genera anche inquietudine e insofferenza, perché suscita la paura di venire privati della propria libertà. Questo vale soprattutto per i legami che si configurano come “definitivi”, sia per libera scelta (come ad esempio quella del matrimonio) sia per le loro caratteristiche strutturali (come il rapporto con i figli).
La domanda che si pone è questa: è possibile legarsi a qualcuno per tutta la vita e insieme rimanere pienamente liberi? È possibile immaginare legami definitivi ma non per questo soffocanti? E ancora: come vivere la bellezza di appartenersi l'un l'altro, senza per questo rimanere imprigionati dalle relazioni?
Eppure, è proprio questo particolare equilibrio tra libertà e appartenenza ciò che costituisce il cuore di un sistema familiare sano e vitale, capace di nutrire e far crescere la persona nel modo migliore. È questo equilibrio ciò che va continuamente ricercato. Per farlo dobbiamo riflettere sui tre concetti-chiave delle buone relazioni: la “giusta posizione”, il “giusto confine” e la “giusta distanza”.
Secondo la professoressa Scabini dell'Università Cattolica di Milano, la famiglia è un sistema di legami articolato e complesso, che si organizza intorno a due assi principali: un asse orizzontale, che definisce il legame paritario della coppia, e un asse verticale, che è l'asse del tempo e delle generazioni: vi si trovano i legami della coppia con le persone che la precedono e che la seguono.
Rispettare la “giusta posizione” significa avere chiaro che l'asse orizzontale (la coppia) è l'asse portante delle relazioni familiari e che l'asse verticale (i nonni, i figli) non deve sovrapporsi ad esso. La sua stabilità è centrale: la relazione di coppia non va mai trascurata, e il legame va curato con attenzione e difeso dall'invadenza sia dei genitori che dei figli. Per una relazione solida ma libera bisogna però anche ricordare che pur nel legame più stretto la differenza dell'altro va sempre preservata. Bisogna cioè rispettare il “giusto confine”, e non dimenticare che siamo sempre due identità separate, ciascuna legittimata ad essere se stessa. Anche nel matrimonio ognuno mantiene la propria vocazione: non abbiamo mai proprietà sull'altro, e sta a lui darci accesso all'intimità del suo cuore e del suo corpo in piena libertà.
Con i figli, che devono rimanere fuori dalla coppia, rispettare il confine significa maturare la consapevolezza che sono altro da noi: non ci appartengono, non possiamo usarli per il nostro benessere, non possiamo esibirli, non possiamo pretendere la loro confidenza. Sono piccole persone che crescono e che se ne andranno; non siamo padroni dei loro desideri né dei loro pensieri. Serve dunque trovare con loro la “giusta distanza”, che va continuamente adattata nel tempo: dalla simbiosi della gravidanza, attraverso l'adolescenza, fino alla separazione della vita adulta, quando si staccheranno da noi per abbracciare i propri progetti di vita. Se siamo stati capaci di favorire in modo buono il distacco, potranno dare a loro volta origine ad altri legami e a un nuovo asse orizzontale di coppia; manterranno con noi il legame verticale che scorre tra le generazioni, e daranno forma a una famiglia nuova proiettata verso il futuro.
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