Dal tamburo mangiai, dal cembalo bevvi…. Come si fa a non leggere un libro con un titolo simile? Tanto più che si tratta del dodicesimo volume dell'Opera omnia di Elémire Zolla, a cura di Grazia Marchianò (Marsilio, pagine 144, euro 14,00). Dunque, l'ho letto, e non me ne pento. Il fascino della scrittura zolliana è intatto, sempre un po' terrorizzante di citazioni dai mistici medievali, buddisti, taoisti, indù, alle saghe nordiche, a Shakespeare, a Borges. Qui sono raccolti quattro saggi, maturati nella gestazione della rivista “Conoscenza religiosa” da lui fondata nel 1969 e diretta per quattordici anni: “Lo stato mistico come norma dell'uomo” (1963); “Esoterismo e fede” (1982); “Alchimia e meditazioni taoiste e buddiste” (1976); “Il cielo scritto” (1983). Sincretismo? Gnosi? Sì, ma a un tale livello di erudizione che ci si può attenere solo a questo, anche perché Zolla non intende convincere nessuno: espone, esplora, offre, e ciascuno prenda quello che gli serve o ritiene gli possa servire. “Dal tamburo mangiai, dal cembalo bevvi” è un'espressione che il polemista cristiano Firmico Materno (IV secolo), nel suo slancio di smascherare i riti pagani, indica simbolicamente l'equivalente all'eucaristia cristiana. Un inno di Adamo di San Vittore (1112-1192) lo spiega così: «L'organo del nostro cuore e il tamburo della nostra carne fra loro discordi, temperi l'armonia associandoli con pari consonanza». Zolla spiega: «Il significato del detto misterico è: mangiai della carne mortificata (tesa a tamburo) e bevvi dell'anima fatta vibrare; la formula associa armoniosamente anima e carne». Particolarmente suggestivo il saggio intitolato “Il cielo scritto”, sull'utilità dello zodiaco. Zolla lo introduce così: «Chi desideri compenetrarsi d'una civiltà, osservi come cadenza l'anno: ne studi lo zodiaco. Più e più volte ho fatto l'esperienza di culture ritrose che si palesavano luminosamente non appena m'impadronivo del loro sistema zodiacale. Per anni mi aggirai, irrimediabilmente estraneo, nel mondo delle saghe nordiche. Per quanto leggessi, la prosa islandese arcaica e l'anglosassone continuavano a restarmi inaccessibili: enigmatiche e brutali. Una lugubre, opaca terribilità: una povera cosa fino a quando un giorno cominciai a riflettere sulle lettere dell'alfabeto nordico, le rune, che non sono semplici segni, ma simboli, ciascuna, d'un aspetto della vita. Provai a disporle sul cerchio dello zodiaco e risultò che ogni paio di rune esprimeva esattamente i significati di un segno zodiacale. Allora tutta l'arcaica letteratura islandese e anglosassone mi si dischiuse, le anime molteplici dei personaggi svelarono le loro profondità». Lo zodiaco che noi usiamo proviene da Babilonia, subentrato allo zodiaco egizio che iniziava col Gatto sacro, mentre il nostro inizia con l'Ariete. Il Canto LII di Ezra Pound, che avvia la storia delle dinastie cinesi, «fa scorrere – spiega Zolla – la ruota dello zodiaco imperiale, porgendo così l'ordito su cui si svolgerà la trama delle vicende dinastiche e mostrando la forma che regge la materia della storia cinese». A ciascuno il suo zodiaco, insomma.
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