Non so per quanto tempo ancora esisteranno le biblioteche personali e domestiche. Fra i miei coetanei universitari, i ventenni degli anni sessanta, i libri contavano molto, venivano perfino rubati. Comprarli, possederli, accumularli, averli a portata di mano era una delle nostre attività preferite, continuate per tutta la vita. Date le mie origini sociali, ero cresciuto in una casa piccola e scomoda, nella quale non c'erano libri. La cultura dei miei genitori era fatta di giornali avidamente letti e di trasmissioni radiofoniche serali devotamente ascoltate. Prima dei tredici anni, età in cui cominciai a frequentare librerie e a comprare libri da cui mi aspettavo di capire la vita, avevo letto solo libri in prestito del tipo L'ultimo dei Mohicani, Il richiamo della foresta, Viaggio al centro della Terra, eccetera. Subito dopo arrivò la svolta consapevole con le novelle di Cechov, Martin Eden di London, I cosacchi di Tolstoj, Le notti bianche di Dostoevskij, Macbeth, Amleto. Scoprivo che i libri scolastici non potevano bastare anzitutto per una ragione: prima di studiare a scuola bisognava sapere perché studiare, per quali ragioni personali.
Naturalmente con il tempo questa fame di libri crea dei problemi. I libri che si accumulano in casa sono troppi, non si sa dove metterli. Anche solo per vederli, per ricordarsi di loro e del richiamo che ci ha spinti all'acquisto in certi momenti della vita, bisogna stabilire un ordine gerarchico. Quali libri vengono prima? Quali tenere sotto gli occhi, quali relegare nei ripiani meno visibili e accessibili degli scaffali? Comprare libri è un atto vitale, nasce da un desiderio di esplorare, conoscere, entrare in altri mondi: cioè conoscere il mondo e sé stessi, calibrando ogni volta di nuovo il rapporto fra gli orizzonti limitati dell'io e quelli dell'intero spazio e tempo umani, nella loro inesauribile varietà.
Per l'intellettuale non vincolato da uno specialismo professionale e da esclusive discipline di studio, gli interessi e le curiosità possono diventare difficilmente governabili. Ogni nuovo libro che facciamo entrare in casa contiene una promessa di vita e tempo futuro che immaginiamo di avere per leggerlo. Bisogna scegliere fra libri più urgenti o necessari e libri che possono aspettare e ci ricordano gli interessi di un passato che si allontana. Per questo l'ordine e il disordine delle nostre biblioteche private è impregnato di autobiografia. Che cosa volevo quando comprai quei libri? Che cosa ne ho ricavato leggendoli? È per questo che ho letto Come ordinare una biblioteca di Roberto Calasso, inviato quest'anno dalla Adelphi con gli auguri di Natale. Calasso ne sa anche troppo. Mi manca la sua competenza di editore, di erudito e di bibliofilo. Imparare da lui è quasi impossibile (anche per mancanza di mezzi!) ma leggerlo spinge a fare i conti con sé stessi e la propria modesta biblioteca domestica. Così ricordo che nel corso del tempo, quanto più i libri mi si accumulavano intorno, tanto più ero spinto a inventarmi per contrasto piccole sotto-biblioteche essenziali composte dai dieci, venti o cinquanta libri più utili e amati, da usare e rileggere. I troppi libri ci illudono di avere a disposizione più di una vita, mentre la vita è più breve di quanto ci suggerisce la nostra immaginazione.
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