Ci sono frontiere che non si trovano ai confini tra gli Stati: sono nelle nostre città, nelle nostre strade, nei nostri palazzi; dove convivono culture e povertà diverse, dove si mescolano storie di immigrati, di nuovi e vecchi italiani. Ci sono frontiere che sono dentro di noi.... Nasce da queste considerazioni l'idea delle Cronache di frontiera, che tornano per il secondo anno consecutivo, per quattro settimane, la domenica alle 21 su Sky Tg24 (quindi anche in chiaro sul Canale 50 del digitale terrestre) e alle 23.15 (solo in pay) su Sky Atlantic. Dopo Roma nel 2016 è ora la volta di Milano. La tecnica è sempre la stessa: il reportage in presa diretta, senza commenti giornalistici, eccetto una breve introduzione per dare i numeri del fenomeno. Anche l'annuncio drammatizzante iniziale si ripete evocando «veri campi di battaglia dove tutti i giorni si combatte per la sopravvivenza». L'anno scorso si parlava di periferia est romana, di Casilina. Quest'anno tocca a via Padova, via Gola, al Corvetto, ai quartieri milanesi ad alto tasso di criminalità dove si scontrano ricchi e poveri, italiani e stranieri, ma anche immigrati di prima e seconda generazione. Tra i protagonisti, domenica scorsa, personaggi come Michele, italiano, 38 anni (di cui cinque passati in carcere), che vive con la famiglia in uno stabile occupato abusivamente, ma se la prende con gli immigrati. Anche Gianni e Ledina, coniugi italoalbanesi (lei arrivata irregolarmente in Italia), sono arrabbiati con gli irregolari attuali, soprattutto con quelli che loro considerano «i negri». C'è anche Adel, egiziano, nel nostro Paese da trent'anni, che si lamenta dell'arrivo di troppi stranieri. E ancora Amina, la donna italiana musulmana spesso sbeffeggiata dai connazionali. Ci sono gli inquilini che protestano per una sorta di moschea improvvisata nel sottosuolo del palazzo. Ci sono poi i poliziotti in borghese della sezione dedita al contrasto del crimine diffuso. Li seguiamo nei loro interventi a volte rudi nel tentativo di mettere fine a questa guerra tra poveri fatta anche di spaccio e prostituzione. Il racconto è drammaticamente interessante, la tecnica efficace. Resta il dubbio sull'opportunità di proporre un prodotto del genere senza mediazione giornalistica, senza tentare di spiegare meglio i perché dei problemi e provare a proporre una soluzione alla difficile convivenza.
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