Dove sarà ora quel bambino fotografato dormiente nella valigia tenuta dal padre in fuga dalla Ghouta di Damasco? E che cosa ne è stato di Omran Daqnish, tirato fuori dalle macerie di un pesante bombardamento aereo governativo contro la parte orientale di Aleppo e poi deposto su una poltrona arancione di un'ambulanza, ritratto con lo sguardo perso nel nulla, dalla testa ai piedi rivestito di polvere bianca che se non fosse stato per le incrostazioni rosse del suo stesso sangue sembrava di guardare un vero fantasma?
Le loro storie ci sono state raccontate attraverso una fotografia, ci hanno impressionato, hanno smosso l'indignazione del mondo di fronte alla guerra civile siriana, anche se sette anni dopo l'inizio di una carneficina che non ha risparmiato nulla (i siti archeologici) e nessuno (mezzo milione di vittime, compresa la mattanza degli innocenti decapitati davanti alle telecamere in sofisticati video in alta definizione).
Una parentesi: la storia del piccolo Omran, seppure all'interno di una immane tragedia e sofferenza, sembrerebbe risultare macchiata di poca onestà. Si racconta di un vero bambino, Omran, vittima di un vero bombardamento, ma anche di un bambino "usato" per la posa da un fotografo un po' troppo "solidale" nei confronti di un gruppo islamista combattente siriano che si sarebbe macchiato del selvaggio assassinio di un altro bambino di 12 anni, accusato di avere fatto la spia per il regime siriano. Nebbie, confusione, bugie e falsità, disinformazione, uso propagandistico di video e di fotografie, la guerra in Siria è anche questo.
Uso di armi proibite, gas mostarda e nervini che uccidono i civili. S'era detto che il regime aveva consegnato tutto il suo arsenale chimico ai russi, che poi lo avevano consegnato agli americani per la distruzione. Accadeva nel 2013. Poi le armi chimiche sbucano di nuovo dal ventre dell'abominio. L'ultimo episodio è dello scorso 7 aprile a Douma, nella Ghouta orientale. Usate, ancora non si sa bene da chi, e se poi è vero, contro la popolazione civile in un attacco chimico, che avrebbe ucciso decine di persone, ferendone centinaia. America, Gran Bretagna e Francia, reagiscono e da terra, mare e cielo bombardano in Siria tre luoghi «mirati per ridurre il potenziale dell'armamento chimico del regime siriano». Ma come? Allora Washington, Londra e Parigi, sapevano che Damasco continuava a produrre armi di sterminio di massa e anche dove. E se hanno taciuto, perché? Purtroppo lo sappiamo tutti o dovremmo averlo già imparato ancora di più oggi circondati da questo "mondo virtuale" intossicato di tutto e di nulla, che in guerra la prima a morire è la verità.
Prima di incontrare il bambino della valigia e Omran, la nostra coscienza si era indignata grondando lacrime di fronte al corpicino senza vita di Aylan Kurdi, fotografato su una spiaggia turca, vittima di un naufragio di fuggiaschi siriani sulla rotta greca. Ma poi, passato quel momento che è stato come ricevere un pugno in piena pancia, tutto sembra tornare alla sua normalità silente.
Tutto passa. Una foto diventa vecchia e scade. Anche la storia passa, molto in fretta. Soprattutto quando siamo lontani da queste vite disgraziate, e non siamo in grado di annusarle e toccarle da vicino. Per poi ricominciare a piangere alla prossima replica della foto di un bambino estratto dall'inferno sulla Terra. Suggerisco lo Yemen.
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