Per questo mese di fine d'anno, papa Francesco ha voluto che l'intenzione di preghiera sia dedicata una particolare agli anziani. Un appello forte, incalzante, ad «accudire» e a «non dimenticare» gli anziani e la saggezza che essi custodiscono. Perché, ha spiegato nel videomessaggio di dicembre, «un popolo che non accudisce i nonni e non li tratta bene, è un popolo che non ha futuro». Secondo il Pontefice, infatti, «gli anziani hanno la saggezza. A loro è stato affidato di trasmettere l'esperienza della vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo». Per questo, dunque, «non dimentichiamoci dei nostri anziani... Perché sostenuti dalle famiglie e dalle istituzioni collaborino con la saggezza e l'esperienza all'educazione delle giovani generazioni».
Non è certo la prima volta che papa Bergoglio parla degli anziani e della necessità, anzi della imprescindibile esigenza, di rinsaldare quel patto tra le generazioni che oggi appare sfilacciato se non compromesso. Un patto che, quasi sorpresa, rilanciò pochi mesi dopo la sua elezione, a Rio de Janeiro, parlando ai giovani lì convenuti per la Giornata mondiale della gioventù nel luglio del 2013. E, da allora, si può dire che non ha mai mancato un'occasione per rilanciarlo, convinto come è che «la vecchiaia è un tempo di grazia», e che «il futuro dipende dall'incontro tra i giovani e gli anziani», come disse durante la festa dei nonni nel 2014 in piazza San Pietro.
In questa insistenza di Francesco c'è tutta una lunga tradizione di magistero, stupendamente sintetizzata da quella “Lettera agli anziani” che nel 1999 Giovanni Paolo II scrisse in occasione dell'Anno internazionale dell'anziano indetto dall'Onu (e che, senza l'iniziativa di papa Wojtyla, sarebbe trascorso tra l'indifferenza generale). «Gli anziani – si leggeva tra l'altro – aiutano a guardare alle vicende terrene con più saggezza, perché le vicissitudini li hanno resi esperti e maturi. Essi sono i custodi della memoria collettiva, e perciò interpreti privilegiati di quell'insieme di ideali e di valori comuni che reggono la convivenza sociale. Escluderli è come rifiutare il passato, in cui affondano le radici del presente, in nome di una modernità senza memoria... Gli aspetti di fragile umanità, connessi in maniera visibile con la vecchiaia, diventano in questa luce un richiamo all'interdipendenza e alla necessaria solidarietà che legano tra loro le generazioni, perché ogni persona è bisognosa dell'altra e si arricchisce dei doni e dei carismi di tutti».
E ancora. Questo “patto” è un qualcosa che, all'interno della Chiesa, deve rappresentare sempre un concreto stile, di cui ogni credente deve farsi carico. Perché, come volle sottolineare Benedetto XVI visitando nel novembre del 2012 una casa famiglia della Comunità di Sant'Egidio, «[queste istituzioni] mediante la solidarietà tra giovani e anziani aiutano a far comprendere come la Chiesa sia effettivamente famiglia di tutte le generazioni, in cui ognuno deve sentirsi “a casa” e dove non regna la logica del profitto e dell'avere, ma quella della gratuità e dell'amore». Perché «quando la vita diventa fragile, negli anni della vecchiaia, non perde mai il suo valore e la sua dignità: ognuno di noi, in qualunque tappa dell'esistenza, è voluto, amato da Dio, ognuno e importante e necessario».
In una società come la nostra, che invecchia e sempre sembra rosa dal tarlo che vuole vedere negli anziani un problema al quale prima o poi bisognerà opporre soluzioni draconiane, bisognerebbe che di queste parole si facesse davvero tesoro. Senza mai nasconderle sotto il tappeto insieme alla polvere della nostra coscienza. E in questo dicembre, davvero, preghiamo per tutti gli anziani.
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