Le persone più mature, per non dire le più anziane, ricorderanno senz'altro che mezzo secolo fa c'era chi restava incantato, nonostante il noioso sibilo sonoro, di fronte al monoscopio della Rai, ovvero a quell'immagine televisiva fissa prodotta allo scopo di verificare la qualità delle trasmissioni e delle apparecchiature televisive dove per la prima volta comparivano disegni geometrici e l'intera gamma dei colori. Per non parlare delle prove colore con scenette variopinte, abiti sgargianti e un sottofondo musicale continuamente interrotto da una voce femminile fuori campo che ribadiva: «Prove tecniche di trasmissione». Un tormentone che avremmo sentito per molto anche all'indomani dell'annuncio di Rosanna Vaudetti quando, il 26 agosto 1972, si presentò in video con un completo in seta bianco con tondi rossi, gialli e neri e i segni zodiacali per dare il via ufficiale alla televisione a colori. Ora quell'abito fa parte della collezione del Museo della tv alla Rai di Torino dov'è esposto nella sua versione di camicia e gonna. In realtà la Vaudetti, come vuole l'immaginario collettivo a proposito dei mezzibusti tv, indossò solo la parte superiore con sotto dei pantaloni. Aneddoto a parte, per la tv avvenne ciò che era già successo per il cinema quando nel 1952 uscì il primo film non più in bianco e nero, ovvero il coloratissimo Totò a colori. Così come nel 1930 il primo film sonoro, La canzone dell'amore, era terribilmente parlato e cantato. Va comunque detto che l'Italia ha raggiunto questi progressi tecnici sempre con un certo ritardo rispetto agli Stati Uniti e ad altri Paesi europei. Anche per avere la vera tv a colori avremmo dovuto aspettare il 1976. A complicare le cose ci si misero pure i politici, guarda caso in disaccordo sul sistema di trasmissione da adottare.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: