È la prima volta che un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare arriva così avanti nel lungo iter previsto per le revisioni della Carta. La proposta in questione modifica, integrandolo, l'articolo 119 della Costituzione e introduce il cosiddetto «principio d'insularità». Il provvedimento è stato approvato all'unanimità dal Senato il 3 novembre 2021 e ora è all'esame dell'aula della Camera, dove si è già svolta la discussione generale. La votazione dovrebbe avvenire la prossima settimana. Poi, dopo almeno tre mesi, entrambi i rami del Parlamento dovranno effettuare una seconda deliberazione. L'approvazione unanime di Palazzo Madama rende verosimile un esito positivo del percorso della legge, sempre che la legislatura giunga al suo compimento naturale.
La proposta si compone di un unico articolo. La formulazione originaria della legge di iniziativa popolare era la seguente: «Lo Stato riconosce il grave e permanente svantaggio naturale derivante dall'insularità e dispone le misure necessarie a garantire un'effettiva parità e un reale godimento dei diritti individuali e inalienabili». L'esame in sede referente nella Commissione affari costituzionali del Senato, comprensivo anche dell'audizione di una serie di esperti, ha prodotto un nuovo testo, quello effettivamente votato: «La Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità». Oltre a rispondere a esigenze di coordinamento con il resto dell'articolo 119 e con il complesso della Costituzione, la formula adottata vuole sottolineare che non è solo lo Stato ma la Repubblica nel suo insieme di enti – dalle Regioni ai Comuni – a doversi far carico della questione dell'insularità, e che quest'ultima condizione non è soltanto una fonte di svantaggi ma è anche una specificità da valorizzare sotto diversi profili, da quello culturale a quello ambientale.
Un riferimento esplicito alla dimensione dell'insularità era già presente all'interno della Costituzione prima della controversa riforma del titolo V. Fino al 2001, infatti, nell'articolo 119 si leggeva che «per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali». Nel testo oggi vigente si prevede la possibilità di attribuire «risorse aggiuntive» per «promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale», ma i termini "Mezzogiorno" e "Isole" sono scomparsi. Si possono legittimamente avere opinioni diverse su quale sia l'approccio migliore, tuttavia quando vengono meno i riferimenti precisi resta sempre il timore che si finisca per diluire tutto in un magma indistinto. Come se cancellando le parole si eliminassero anche i problemi.
Il riconoscimento del "principio di insularità" non riguarda soltanto i milioni di cittadini che vivono nelle isole maggiori, la Sicilia e la Sardegna (che ha avuto magna pars nella raccolta delle firme), o in una delle tante isole più o meno grandi di cui l'Italia è ricca. È invece un tassello significativo nella prospettiva di una Repubblica concretamente equa e solidale. Prima di pensare di mettere in competizione le diverse aree del Paese – ammesso che sia questo ciò di cui oggi abbiamo bisogno – sarebbe il caso di assicurare a tutti pari livelli almeno in partenza.
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