È possibile fallire ed essere sfrattato di casa non per errori propri, ma per colpa di un'amministrazione pubblica? Ed è possibile che lo Stato, garante supremo della giustizia e della convivenza civile, diventi causa di (palese) ingiustizia nei confronti di un cittadino? Dopo ciò che è successo a Sergio Bramini, imprenditore monzese fallito che rivendica un credito nei confronti del Comune di Ragusa per lavori realizzati dalla sua azienda e mai pagati, siamo costretti a rispondere sì a entrambi i quesiti.
Perché il caso politico e mediatico di Bramini – che si è autodefinito «fallito per colpa dello Stato» – sfrattato ieri da casa sotto le luci dei riflettori, porta clamorosamente alla luce l'inefficienza di un settore pubblico terribilmente indebitato e la rigidità di uno Stato che si rivela incapace di distinguere tra onesti e delinquenti. L'unico elemento felice di questa brutta storia potrebbe essere il tempismo: suscitare tanto clamore a pochi giorni dal (probabile) insediamento del nuovo Governo, è un invito forte al legislatore perché intervenga per evitare che episodi del genere possano ripetersi. E la solidarietà manifestata personalmente da entrambi i vincitori delle elezioni del 4 marzo, Di Maio e Salvini, è un segnale chiaro in questa direzione: «Legge Bramini» l'ha ribattezzata non a caso il leader della Lega, immaginando un provvedimento che impedisca il fallimento a chi non viene pagato dalle Pubbliche Amministrazioni.
Bramini non è solo, purtroppo. Secondo stime accreditate, sarebbero almeno 20mila negli ultimi 10 anni le imprese fallite a causa dei crediti non riscossi nei confronti del settore pubblico. E secondo un'analisi di Confartigianato, l'Italia detiene ancor oggi il record negativo in Europa per stock di debito commerciale della Pubblica amministrazione verso le imprese fornitrici di beni e servizi: sarebbe pari a 60 miliardi di euro, circa 3 punti di Pil, ovvero il doppio rispetto alla media europea. Decisivi sono – anche in questo ambito – ritardi e debiti delle amministrazioni del Mezzogiorno: a livello regionale i maggiori ritardi si registrano in Molise, Calabria e Campania, a livello provinciale a Catanzaro, Vibo Valentia e Campobasso.
Eppure ci sarebbe una soluzione: consentire la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti degli imprenditori verso la Pa. Un provvedimento semplice, ma capace (in molti casi) di porre fine a una "somma ingiustizia" che non possiamo più tollerare.
www.francescodelzio.it
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: