Fra Mondragone e Pozzuoli, a Villa Literno, sulla vecchia costiera dove Scipione l’Africano trascorse i suoi ultimi giorni, lungo la via Domiziana sorge Castel Volturno: una striscia di Gaza italiana. Ventisette chilometri di miseria e nobiltà, nel sogno guasto dell’imprenditoria corrotta e fallita. Case sparse, un tempo ville di lusso, oggi abbandonate e fatiscenti, abitate da un popolo di immigrati costretti a vivere nel degrado, spuntano da una parte all’altra del fiume che sbocca sul Tirreno, col ponte crollato mai più ricostruito. I governanti si succedono inutilmente. La stazione dei Carabinieri è un fortino stregato. Il villaggio Coppola, scalcinata quinta cinematografica d’immaginari già scaduti, accanto agli impianti quasi irreali dove s’allena la squadra del Napoli, sembrano luoghi inventati. Ma sono veri!
Così, come l’umanità sfatta in cerca di requie che bussa inesausta alla porta dei missionari comboniani, accanto al centro d’accoglienza della Caritas. Dove si nasconde la scintilla per risorgere dalle ceneri? Io la trovo negli occhi indomiti del giovane Moses, iraniano paralizzato sul letto ortopedico, al cui capezzale m’accompagna padre Daniele, quando gli chiedo se riuscirà a rimettersi in piedi e lui, ferito e felice, alza le braccia al cielo in segno di vittoria.
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