Nel 1989 la Congregazione per Dottrina della fede, a firma dell'allora Prefetto Joseph Ratzinger, pubblicò una Lettera su “Alcuni aspetti della meditazione cristiana”. Un documento nel quale si prendeva in considerazione il fatto che «il contatto sempre più frequente con altre religioni e con i loro differenti stili e metodi di preghiera, ha condotto negli ultimi decenni molti fedeli a interrogarsi sul valore che possono avere per i cristiani forme non cristiane di meditazione. La questione – si spiegava nell'introduzione – riguarda soprattutto i metodi orientali. C'è chi si rivolge oggi a tali metodi per motivi terapeutici: l'irrequietezza spirituale di una vita sottoposta al ritmo assillante della società tecnologicamente avanzata spinge anche un certo numero di cristiani a cercare in essi la via della calma interiore e dell'equilibrio psichico. Questo aspetto psicologico non sarà considerato nella presente Lettera, che intende invece evidenziare le implicazioni teologiche e spirituali della questione. Altri cristiani, sulla scia del movimento di apertura e di scambio con religioni e culture diverse, sono del parere che la loro stessa preghiera abbia molto da guadagnare da tali metodi. Rilevando che, in tempi recenti, non pochi metodi tradizionali di meditazione, peculiari del cristianesimo, sono caduti in disuso, costoro si chiedono: non sarebbe allora possibile, attraverso una nuova educazione alla preghiera, arricchire la nostra eredità incorporandovi anche ciò che le era finora estraneo?».
Chi ha l'età per ricordare, sa molto bene quale boom stessero conoscendo proprio in quegli anni, anche in Italia, yoga, meditazione trascendentale, zen, buddhismo, e quanto attuale fosse la questione. E come ancora oggi lo sia, tanto che una decima di giorni fa papa Francesco ha detto che «la pratica della meditazione ha ricevuto in questi anni una grande attenzione... Di essa non parlano solamente i cristiani: esiste una pratica meditativa in pressoché tutte le religioni del mondo. Ma si tratta di un'attività diffusa anche tra persone che non hanno una visione religiosa della vita... Soprattutto nel vorace mondo occidentale si cerca la meditazione perché essa rappresenta un argine elevato contro lo stress quotidiano e il vuoto che ovunque dilaga. Ecco, dunque, l'immagine di giovani e adulti seduti in raccoglimento, in silenzio, con gli occhi socchiusi... Cosa fanno queste persone? Meditano. È un fenomeno da guardare con favore: infatti noi non siamo fatti per correre in continuazione, possediamo una vita interiore che non può sempre essere calpestata. Meditare è dunque un bisogno di tutti. Meditare per così dire assomiglierebbe a fermarsi e fare un respiro nella vita, fermarsi».
Attenzione però, perché se «meditare è una dimensione umana, necessaria, meditare nel contesto cristiano va oltre». Per il cristiano infatti, ha spiegato Bergoglio «la meditazione entra dalla porta di Gesù… Il cristiano, quando prega, non aspira alla piena trasparenza di sé, non si mette in ricerca del nucleo più profondo del suo io, il cristiano cerca un'altra cosa, la preghiera del cristiano è anzitutto incontro con l'Altro con la A maiuscola: l'incontro col trascendente, con Dio. Se un'esperienza di preghiera ci dona la pace interiore, o la padronanza di noi stessi, o la lucidità sul cammino da intraprendere, questi risultati sono, per così dire, effetti collaterali della grazia della preghiera cristiana che è l'incontro con Gesù». Non si può, insomma, far confusione.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: