mercoledì 5 ottobre 2022
La messa delle 8.30 di domenica a Stresa, officiata da don Giorgio Borroni, direttore della Caritas di Novara, è stata illuminante quando all'omelia ha fatto un parallelo fra il preoccuparsi e l'occuparsi. Da un lato il pensiero, dall'altro l'azione. Un confine sottile che ci riporta alla pagina del Vangelo di quelle sorelle che avevano come ospite Gesù: Marta e Maria. Chi delle due si preoccupava e chi si occupava? In questi giorni ogni parola che esce dalla bocca di un rappresentante di una qualche associazione di categoria è un elenco di preoccupazioni, più che fondate, visti gli scenari. E tutte vanno nella direzione di chi sarebbe deputato a “occuparsi”: il Governo. Che ancora non c'è, anche se sembra unanime la convinzione che si debba fare in fretta e c'è persino chi perde tempo a preoccuparsi di un fantomatico inciucio Draghi-Meloni, che non sarebbe neanche male. Intanto c'è chi nella sua gastronomia ha iniziato a spegnere il frigo e chi brucia le bollette in piazza. Un barista di Bologna ha lavorato per settimane con le luci spente: ora le ha riaccese e ha aumentato i prezzi di tutti i generi da colazione. I forni per il pane, ma anche per i panettoni, non saranno per tutti, mentre le città si preparano a un Natale al buio. Ma dalla piazza di Milano, dove la Coldiretti ha allestito il suo villaggio coi prodotti delle aziende agricole di tutta Italia, gli allarmi sono stati tanti: dagli acquisti del nostro agroalimentare da parte di capitali stranieri al Nutriscore; dall'urgenza di una strategia di sovranità alimentare al rischio che una generazione di giovani coltivatori non ce la faccia, come ha scritto Andrea Zaghi domenica su queste pagine. Sono preoccupazioni, ma come si fa a occuparsi di tutto questo? Sarebbe arduo fare un esercizio per provare a rispondere al netto delle ipotetiche azioni del Governo? Leggo che ai giovani, dopo due anni di pandemia, immaginare un futuro dominato da questi scenari provoca ansia, e c'è chi si ritira in se stesso. E qui viene da pensare a Maria, che era una presenza accanto all'ospite, perché oggi più che mai c'è bisogno di occuparsi di chi ci sta vicino, giacché da soli non si vive pienamente, figuriamoci se si superano le difficoltà. Le nuove generazioni di agricoltori, ma di ogni settore, hanno bisogno di questa relazione, che è diversa dalla protesta in piazza, che diventerà facile fra non molto, anche se non risponde a quella domanda che interpella la politica comunitaria, ma anche ciascuno di noi: come possiamo occuparci della casa comune?
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