Nel 1980 Vasilij Grossman pubblicò Vita e destino, un caposaldo del Novecento che, quattro anni dopo, Jaca Book farà conoscere al pubblico italiano. Nello stesso anno, Altri libertini, di Pier Vittorio Tondelli, inaugurò la letteratura gay italiana con bestemmie e oscenità: sequestrato e assolto in tribunale, il romanzo avrà poi un'edizione leggermente "purgata" da Bompiani, consenziente l'autore (Tondelli morirà di Aids nel 1991: aveva trentasei anni, ed entrò ben presto nella mitologia).Ma, e soprattutto, il 1980 è l'anno del Nome della rosa, e quindi non c'è da meravigliarsi se, nel gran discutere sopra e sotto il nominalismo medievale di Umberto Eco, un piccolo libro di Fleur Jaeggy, Le statue d'acqua, sia passato inosservato (ma almeno Alfredo Giuliani se ne accorse). A trentasei anni di distanza, Adelphi lo ripropone (pp. 120, euro 14), con una congrua copertina che toglie temporaneamente il respiro. Vi è riprodotto il quadro di Pierre-Antoine-Auguste Vafflard, Young et sa fille (1804) che ritrae, appunto, il poeta cimiteriale Edward Young (1681-1765) che trasporta il cadavere della figlia, avvolta in un sudario, verso la sepoltura. In realtà, al poeta inglese era morta la nuora durante un viaggio in Francia e poiché la defunta era protestante le fu negata la sepoltura in un cimitero cattolico, con successive peripezie. Per aggiungere pathos, nel titolo del suo livido quadro Vafflard trasformò la nuora addirittura in figlia del poeta. Il dipinto merita un viaggio fino al Museo di Angoulême.Fleur Jaeggy era al terzo libro: c'erano già stati Il dito in bocca (1968) e L'angelo custode (1971). Il successo elitario arriverà nel 1989 con I beati anni del castigo (Premio Bagutta). "Algida" è l'aggettivo che accompagna la scrittura di Jaeggy, e Le statue d'acqua non fa eccezione. Non c'è trama o, meglio, c'è il rimando a una trama che non viene svelata e non chiede coerenza. Nel sotterraneo di un palazzo di Amsterdam vive Beeklam, che è un giovane o forse un vecchio, in simbiosi con l'austero domestico Victor. Colleziona statue, con le quali comunica, mentre giungono echi di sciabordii marini. Beeklam è in conflitto col padre, Reginald, ma non lo dà a vedere, o forse sì. Thelma, moglie di Reginald e madre di Beeklam è morta: il congedo del marito è disfare il ricamo a piccolo punto che la defunta stava eseguendo, «finché la garza traforata offrì il suo colore naturale: neve fradicia». Lampe, il domestico di Reginald, non è meno allarmante. Queste sue parole sintetizzano lo stato d'animo di quasi tutti i personaggi: «Qualche volta non distinguo più la collera che mi possiede dalla pace che mi sono imposto».Nella seconda parte, Beeklam lascia il sotterraneo e giunge al padiglione in un giardino, dove vive Katrin, bambina vecchia, che è forse il suo doppio femminile. Altre solitudini, altre assenze, mentre la "memoria fisiognomica" lavora. Nel libro, brevi paragrafi occupano la parte superiore della pagina, il resto è in bianco. Quello che conta è la scrittura, in cui l'ossimoro è figura dominante, anche sottintesa: «Un'aria gelida aprì lentamente la porta, come con una mano, rivelando un'alba tersa e odiosa».Ci sono anche Rosalind e Magdalena, amiche della defunta Thelma. Rosalind parla così: «Fare del bene, mi diceva Magdalena, è qualcosa senz'anima, tra la veglia e il compasso». Dove il "compasso" probabilmente non è tanto lo strumento di disegno, quanto il rimando al verbo "compassare", cioè «ponderare, considerare con attenzione, scegliere con cura minuziosa, con scrupolo pedantesco».Chi ama la letteratura eccentrica, trova nelle Statue d'acqua un breve riposo. Il libro è dedicato «a Ingeborg» cioè a Ingeborg Bachmann (1926-1973), la poetessa e scrittrice austriaca di cui Fleur Jaeggy, che è moglie di Roberto Calasso, è stata molto amica.
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