giovedì 5 gennaio 2017
Tra i bilanci dell'anno precedente, acquistano ormai crescente importanza i rapporti sullo stato di attuazione dei diritti, volti soprattutto a evidenziare l'eventuale persistenza di discriminazioni e ingiustizie (si pensi, ma proprio solo a titolo di mero esempio, alla condizione delle persone con disabilità).
L'ottica dei "rapporti", come quella dei "libri bianchi" e degli "annuari", è certamente da salutare con interesse, posto che un certo disallineamento tra previsioni legislative, tendenze giurisprudenziali e contesto socioculturale è fenomeno frequente in un ordinamento come quello italiano, ancora poco abituato all'impiego di metodi e tecniche di valutazione delle politiche pubbliche.
Colpisce tuttavia l'assenza di adeguata attenzione alla problematica dello stato di attuazione dei doveri costituzionali di solidarietà, con riguardo sia ai singoli doveri (tributario, di fedeltà alla Repubblica, di disciplina e onore nell'adempimento di pubblichi funzioni), sia alla rilevanza del profilo della solidarietà nell'elaborazione e nella definizione della portata dei singoli diritti inviolabili, rispetto ai quali i doveri di solidarietà rappresentano, nel modello costituzionale, l'altra faccia del riconoscimento e della garanzia: l'articolo 3 della Costituzione va sempre letto insieme all'articolo 2.
Nel messaggio di fine anno, il presidente Mattarella ha ricollegato la lotta contro le diseguaglianze e le ingiustizie al rafforzamento dell'Italia come «comunità di vita»: ciò non potrà avvenire senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una «rinnovata etica dei doveri» (difficile non intravedere qui l'eco di una frase di Aldo Moro di quarant'anni fa).
Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata della pace, ha invitato l'umanità a «scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire l'amicizia sociale».
Citazioni "di parte"? Non proprio, se è vero che, nel suo ultimo libro pubblicato qualche settimana fa dall'editore Fayard, e dedicato agli scenari mondiali dei prossimi quindici anni, Jacques Attali (intellettuale certo non interno alla cultura cristiana e cattolica) mette in guardia contro «lo sviamento della libertà individuale», affermando espressamente che «il parossismo della libertà individuale porterà all'apologia illimitata del piacere individuale», per cui «ciascuno non si interesserà più che a se stesso».
Tre prese di posizione che possono aiutarci a non contrapporre diritti e doveri: sviluppare i diritti e monitorarne l'attuazione non significa e non può significare dimenticare i doveri.
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