Tre isole leggendarie nate nella prodigiosa letteratura inglese, letteratura nata in un’isola…
La prima è quella caraibica della Tempesta di Shakespeare, isola d’incanti dove vive nella caverna il mago Prospero, duca di Milano a cui il fratello ha usurpato il potere.
Il mago opererà prodigi, grazie anche al fido Ariel, demone dei venti, lieto fine in una straordinaria magica avventura.
Poi c’è l’Isola del Tesoro, non meno favolosa: un ragazzo, Jim Hawkins trova una mappa di un tesoro sepolto in un’isola lontana s’imbarca con amici, troverà il tesoro.
Poi c’è l’isola di Robinson Crusoe, l’uomo che dal nulla ricostruisce le tappe dell’umanità, agricoltura, meccanica, tecnica. A molti lettori, affascinati dall’originalità della storia, sfugge un particolare: Robinson l’ha battezzata “Isola della disperazione”. E vi è naufragato, secondo lui e secondo l’autore, Defoe, per una colpa che ci pare tale: ha voluto avventurarsi in mare, salpare, contro il divieto paterno.
Il Novecento, pensiero e letteratura, ha espresso spesso un’idea del mondo analoga all’isola di Robinson Crusoe. Poesia, spiritualità, soffio vitale, ci esortano a vederlo non simile all’Isola della disperazione, ma all’isola della magia di Shakespeare e a quella di Stevenson, che custodisce, pur se nascosto, un tesoro.
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