Stato e famiglie; giudici e genitori. Conflitto inevitabile? Frattura insanabile o componibile? La vicenda di Indi, prima di essere archiviata, suggerisce nuovi commenti. Per Corrado Ocone (“Libero”, 14/11) in realtà la vicenda non può terminare con la morta della bambina: «Forse il 14 novembre 2023 passerà alla storia come una data epocale». A Ocone non dispiace il “forse”, ossia il dubbio, anche quando scrive di «reazione mancata nell’opinione pubblica e forse persino nella Chiesa». Persino: e quando mai?
Semmai c’è da chiedersi se sia opportuno, intelligente e veritiero porre la questione come un duello tra “laici e cattolici”, tra “ragione e fede”. Il magistrato Pietro Dubolino, nel suo intervento sulla “Verità” (15/11), ne dubita: «Quella combattuta per la piccola Indi è stata, obiettivamente, una battaglia per la libertà e la democrazia prima ancora che per la vita». Intanto gli schieramenti si mescolano perché la vicenda di Indi, “obiettivamente”, si rifiuta di essere imbrigliata dall’ideologia e dalla politica. Così un quotidiano che sembrava aver sposato con maggiore simpatia le tesi dei giudici, come la “Stampa” (14/11), ospita il commento di Assia Neumann Dayan che prende con decisione le parti dei genitori: «Un tribunale non può decidere sulla vita di mia figlia». Altri scelgono le interviste appaiate.
Sul “Corriere” (14/11) nella pagina di sinistra – quella che sfogliando il giornale si vede per seconda, quindi leggermente meno importante – c’è Simone Pillon, avvocato della famiglia: «Il sistema inglese ha perso il senso di sacralità della vita»; nella pagina di destra gli replica idealmente Franca BenIni, pediatra palliativista: «Non credo che i medici italiani avrebbero offerto di più».
Scelta analoga sulla “Repubblica” (14/11). A sinistra il cardinale Angelo Bagnasco: «Sbagliato non lasciar decidere i genitori della bimba» e a destra il bioeticista Maurizio Mori: «Ma solo così sono state evitate terapie senza senso». Uno stallo, da cui non sa uscire del tutto neanche Luigi Manconi (“Repubblica”, 14/11), che scrive di «scelta tragica» ma alla fine concede: «Approvo, con inquietudine, la decisione di medici e giudici», per concludere: «Ritengo che ci debba lavorare nella direzione di una maggiore responsabilizzazione dei familiari». I veri esclusi.
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