“Viva la difference!”. È il titolo di uno studio per certi versi rivoluzionario che ha messo a confronto i vini cosiddetti "naturali" coi vini prodotti in maniera convenzionale. Coordinato dal dottor Federico Francesco Ferrero, il gruppo di ricercatori dell'Università di Torino, con la collaborazione del Politecnico ha dimostrato che i vini prodotti secondo una prassi antica, ossia senza impiego di fertilizzanti e pesticidi in vigna, meno tecnologia in cantina (lieviti aggiunti e conservanti), hanno effetti differenti sul metabolismo dell'alcol. Ora, la ricerca si è svolta su un campione di 55 volontari che hanno bevuto, a una settimana di distanza, i due tipi di vino ottenuti dal medesimo vitigno e dotati di identico contenuto di alcol e residuo zuccherino. Il risultato? Il vino naturale ha mostrato, in media, di far salire meno il tasso di alcol nel sangue tanto che dopo due bicchieri i valori erano al di sotto del limite legale per la guida (0,5 g/L). Gli stessi limiti sarebbero stati superati con il vino convenzionale. Da qui le conclusioni degli studiosi secondo cui i due tipi di vino vengono metabolizzati in maniera diversa, offrendo differenti effetti sulla salute. «Questa differenza esiste – dice Federico Ferrero – non solo nel sapore». Ora, pare che questo studio, che si trova sul sito della rivista scientifica Nutrients, sia il primo al mondo che abbia portato a questi risultati che danno ragione di un'agricoltura più rispettosa dell'ambiente.
Nel frattempo, in Francia c'è chi si mobilita per difendere il vino di un produttore biologico, che l'Unione europea vorrebbe distruggere: ha superato, anche se di poco, la soglia di acidità volatile. Quindi la minaccia di 2 mila bottiglie da svuotare, mentre a sostegno del vignaiolo della Loira, David Sébastien, ci sono già 150 mila firme raccolte in poco tempo. E già si parla di vino sovranista, il che rischia di buttare tutto in ideologia. Ora, le due notizie alla fine conducono alla legge mai scritta del buon senso. La prima ci dice che la strada verso una vitivinicoltura sostenibile, che ormai viene sposata da tanti in maniera convinta, è tutt'altro che pura poesia di qualche visionario. Tuttavia, la ricerca di Torino meriterebbe di essere ampliata ed approfondita e qui bisognerebbe capire la volontà delle istituzioni, spesso contese fra grandi interessi e sentimento popolare. Chi vincerà? La seconda notizia rischia di creare una nuova icona per un certo tipo di vino, che tuttavia non è automaticamente buono solamente se è prodotto comme il faut. Non ho assaggiato il vino di Sébastian, che pare sia un enologo raffinato che affina i suoi prodotti in anfora, ma se è come quello di certi ideologi delle acidità alte, dico sommessamente: anche no. Il vino è buono o non buono. Se è buono e fa anche bene, siamo felici… altre vie non ce ne sono.
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