Una domenica sera. Da Lecco stiamo tornando a Milano. Sulla strada a tre corsie nostro figlio corre, a mio avviso, troppo. «Vai adagio», brontolo. Altre auto ci superano, veloci. Vedo di sfuggita un'indicazione per Nibionno. Allora affiora un ricordo.
Da queste parti abitarono i miei genitori, appena dopo la guerra, quando Milano era in macerie.
Mia madre mi raccontò il trasloco in città: con un carretto tirato da un somaro. Di auto, quasi non ce n'erano. Di centri commerciali nemmeno. Un mare d'erba era la Brianza, punteggiata dalle cascine. Sul carretto c'erano un materasso, due coperte, una valigia mezza vuota, qualche stoviglia. Tutto ciò che i miei possedevano, alla fine del '46. Mi immagino la strada stretta percorsa da vecchi camion, mezzi di fortuna stracarichi, biciclette. Dopo ore di viaggio comparivano le prime case della città, basse, e, svettanti, solo le guglie del Duomo. Il somaro era stanco, e non voleva più camminare. Milano si apriva nelle sue ferite di macerie, mentre già ci si affannava a ricostruire. Su quel carretto una giovane sposa, che ricominciava a vivere.
Vorrei raccontarlo a mio figlio, stasera, sulla superstrada Milano-Lecco. Ma, mi crederebbe? Le auto rallentano all'autovelox e subito accelerano - scompaiono in un istante le luci rosse dei fanalini, nella notte.
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