Prima notte di quiete a Sanremo e piccoli Brividi: Mahmood e Blanco sbancheranno, come un tempo da queste parti sapevano fare Al Bano e Romina. Chi più appare, meno c'è. E dal palco dell'Ariston dietro la mascherina spesso ci trovi il vuoto. È un vuoto a perdere il reuccio nudo Achille Lauro. Lo pseudoblasfemo che si autobattezza, ma solo in nome del dio denaro e di san share. Un cantante della Domenica il nostro tallone d'Achille, capotribù di una generazione che in scena si spoglia per poi farsi rivestire, fuori, da stilisti di grido e lookologi di strada. È tutto un visto e rivisto, un copia incolla di Renato Zero, David Bowie, Mick Jagger. I nipotini coatti dei Rolling Stones, i Måneskin commuovono con Coraline, ma dopo due lacrimucce, il frontman, il finto maledetto Damiano, torna in posa e con gli altri tre pischelli della band regalano al pubblico solo linguacce. «Non c'è una foto in cui i Måneskin non stanno con la lingua di fuori», sottolinea lo zio Fiorello, che dopo il focus sul «pitbullismo» – l'aggressività contenuta del pitbull – , caro direttore Coletta, lo promuova da Sanremo a Il mondo di Quark. Ma per fortuna che Fiore c'è, altrimenti da sola la conduzione mummificata del faraone Amadeus III fa pensare che quella di Nunzio Filogamo era avanguardia. L'amico Rosario ci prova anche a motivarlo con un «bravo Ama che hai svecchiato l'Rsa-Rai». Ma diciamoci la verità, tranne i nomi e le proposte improbabili di certi artisti («chi è iddu?», si domanda come noi mamma Fiorello, dal salotto di casa) è il solito panettone sanremese. Ci puoi aggiungere una spruzzatina di zucchero rock, un po' di caffè scorretto alla Checco Zalone, ma resta sempre lo stesso prodotto, ad uso e consumo della tv. «Non è più il Festival di una volta, quando c'erano Morandi, Ranieri, la Rettore, la Zanicchi...», mette a verbale il maresciallo Cecchini di Don Matteo, alias il satiro per antonomasia, Nino Frassica. Ma quei magnifici quattro highlander che giocano contro pokemon, ci sono ancora e provano a tirare gli ultimi colpi nazionalpopolari. E di questo i fedelissimi “canonizzati” (caro telespettatore «un canone è per sempre», ricorda Fiorello) ringraziano. Ringraziamo la signora Ornella Muti che torna all'erba di casa sua, nella casa in campagna si intende, dopo averci spiegato 50 anni di cinema italiano. All'intervista – si fa per dire – di “Ama-rcord” che gli mostrava i volti dei suoi celebri compagni di set, l'Ornella ha risposto liquidandoli con un aggettivo, al massimo due. Tipo Francesco Nuti? «Un ragazzo molto semplice... lo saluto con amore». Lo salutiamo tanto anche noi il caro Francesco, e se Amadeus avesse un pizzico di sano baudismo in sé, avrebbe potuto ricordare di quella volta che Nuti era in gara con Sarà per te, Sanremo 1988.
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