Wendell Berry, autore che altrove abbiamo incontrato, è un romanziere che a lungo è stato docente in varie università nordamericane, pur avendo intessuto la vita con il lavoro agricolo nei campi. Per questo, sentire una suo personaggio confessare l'inutilità dei propri studi filosofici di fronte alla realtà di fede di Dio, è esperienza alquanto singolare. Ecco come parla Jayber Crow nell'omonimo romanzo (Lindau): «Grazie ai corsi del college e alle mie letture, conoscevo i molti nomi che stavano al fondo di una serie di domande: la Causa Prima, il Primo Motore, la Forza Vitale, la Mente Universale, il Primo Principio, il Motore Immobile e anche la Provvidenza. Anch'io avevo usato quei nomi per discutere con altri e con me stesso, cercando di trovar una spiegazione al mondo. Ora capivo che tutti quei nomi non spiegano nulla. Immaginavo che il nome vero fosse Padre, e immaginavo tutto ciò che quel nome implicava: l'amore, la compassione, l'offesa, la delusione, la rabbia, la sopportazione del dolore, le lacrime, il perdono, la sofferenza sino alla morte. Se l'amore era in grado di forzare i miei pensieri oltre i limiti del mondo, allora non potevo forse vedere come anche l'onnipotenza divina avesse la capacità, per la forza del proprio amore, di essere riportata nel mondo?».
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