La scena del delitto. Nel riquadro, Momadi Tunkara - Ansa
Aveva avviato una relazione con l'ex-compagna del suo assassino. Per questo è stato ucciso con quattro coltellate. Lo chiamavano "Lookman", per via della somiglianza con il campione dell'Atalanta. Mamadi Tunkara, 36 anni, originario del Gambia, non faceva però il calciatore, ma l'addetto alla security al Carrefour di via Tiraboschi, nel pieno centro di Bergamo. Proprio fuori dal supermarket si è imbattuto nel suo assassino. Dopo aver pranzato in un ristorante africano nella vicina via Paglia, Tunkara è arrivato in bici al lavoro. Erano circa le 15 di venerdì, l'aggressore - che forse lo aspettava - lo ha affrontato e scagliato contro la vetrina di un bar vicino e lo ha accoltellato almeno 4 volte, mentre era a terra. Nessuno è riuscito a intervenire per evitare il peggio, tutto si è svolto molto velocemente: secondo le testimonianze, si è trattato di un agguato che ha sorpreso lo stesso Tunkara. Quando la polizia è arrivata il 36enne era a terra senza vita, l'omicida in fuga a piedi: un video ritrae una persona di carnagione scura inseguito da un passante in una via vicina . Attorno al cadavere, famiglie e turisti terrorizzati: un tranquillo pomeriggio di passeggio e shopping tra le luminarie natalizie si è trasformato in un luogo di morte.
Nella mattinata di sabato la polizia svizzera, su segnalazione della questura di Bergamo, ha fermato al confine il presunto killer: si tratta di un 28enne originario del Togo, senza fissa dimora. Da Chiasso l'uomo è stato accompagnato dalla polizia italiana a Bergamo. Uscendo dal Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura, convocato d'urgenza dopo il delitto, il procuratore aggiunto Maria Cristina Rota ha precisato che si tratta del "sospettato", ma che al momento "non è stato sottoposto a fermo né del pm né della polizia giudiziaria, perché allo stato non ci sono elementi per sottoporlo al fermo". In serata, la svolta: il fermato ha confessato di avere ucciso Tunkara perché, ha spiegato agli inquirenti, aveva iniziato una relazione con la sua ex-compagna. L'uomo fermato si chiama Djiram Sadate, ha 28 anni ed è originario del Congo. Non risulta avere precedenti penali. Non ha una occupazione e frequentava una scuola serale a Bergamo, dove si trovava dallo scorso anno.
«Questo tragico episodio, pur nella sua estrema gravità, deve essere riconosciuto come un fatto isolato e straordinario - scrive, in una nota, la sindaca di Bergamo, Elena Carnevali -. Come istituzioni confermiamo l'importanza del rigoroso e costante controllo del territorio, già intensificato nei giorni scorsi, che proseguirà anche dopo le festività. La sicurezza dei cittadini rimane una priorità assoluta, e continueremo a lavorare con impegno per garantire sempre maggiore protezione come i cittadini ci chiedono. Questi drammi - aggiunge Carnevali - evidenziano infatti ancora di più l'importanza di un lavoro sinergico con tutte le forze dell'ordine e l'impegno determinato nel potenziare anche le azioni di sicurezza integrata al fine di rafforzare la prevenzione come strumento fondamentale per contrastare la violenza».
Tunkara era arrivato in Italia nell'ottobre 2016, dopo aver lasciato il suo Paese in estate. Aveva attraversato in autobus l'Africa subsahariana: un viaggio della speranza condiviso con tanti altri giovani, verso un futuro migliore. Dopo esser passato dall'inferno libico, era salito su un barcone ed aveva attraversato il Mediterraneo. Da un paio d'anni era ospitato dal Patronato San Vincenzo, che gli aveva fornito un alloggio sociale a Verdello, a pochi km da Bergamo. Inizialmente lavorava nel delivery dei cibi, poi aveva trovato un posto nella security. Con lui viveva il fratello minore Alieu, che ora lo piange disperato e incredulo: "Non posso credere che non ci sia più". Momadi aveva ottenuto la licenza media in Italia, nella tesina finale aveva detto di non apprezzare il regime politico del suo Gambia, così poco attento ai bisogni della popolazione più povera. Ma l'amore per la sua terra era intatto: aveva in programma di tornare in patria proprio tra pochi giorni, per rivedere la famiglia.
Nel tempo libero amava andare in palestra, dove dispensava consigli su allenamenti ed esercizi. I clienti del Carrefour lo ricordano con affetto perché era lui ad accoglierli all'ingresso con un sorriso e ad aiutare gli anziani a portare la spesa. Chi lo conosceva lo descrive come "troppo buono": un migrante perfettamente integrato, un "bravo ragazzo" in buoni rapporti con tutti. Un ritratto che stride con la violenza cieca di chi gli strappato la vita.