Uno dei più grandi libri di viaggio di tutti i tempi, il Racconto di Natale di Charles Dickens: la fiaba del ricco, avaro, usuraio, misantropo Ebenezer Scrooge, che una notte, la Vigilia di Natale, viene visitato da tre spiriti, e, all’inizio recalcitrante, li segue: il viaggio è il volo nella notte londinese, alla riscoperta di se stesso, bambino, poi ora, uomo, poi, rinato, domani.
Scrooge segue il primo spettro, vola con lui, e la stessa visione di sé stesso bambino, dei lunghi giorni infelici, lo spinge immediatamente alla compassione. Da quell’istante quel sentimento crescerà spontaneamente, riversandosi su tutti. Scrooge, diviene leggendario come i grandi navigatori nati nella sua stessa isola, come Jim, il ragazzo che salpa per l’Isola del Tesoro, perché come loro esce dal proprio presente e salpa per orizzonti lontani. Non è più l’età dei navigatori, che giovani e ardenti vogliono partire per conoscere il mondo ignoto. Nella sua Londra di botteghe, fabbriche infernali, cambisti, banchieri, mercanti, l’uomo può partire solo se qualcuno gli appare, nel sonno, e gli addita una rotta. Scrooge, recalcitrante, brontolone, si fida dello spirito, lo segue, e vola, e naviga nel mare cercato dai grandi capitani di velieri: e trova sé stesso, il primo mistero.
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